venerdì, 29 Marzo 2024

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Dormire ‘senza veli’ è il segreto per un matrimonio felice

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Il segreto per un matrimonio felice è dormire nudi. A confermarlo è il risultato di un sondaggio condotto su mille britannici per conto della Cotton Usa.

Secondo questo studio, le coppie che a letto non indossano niente sono molto più soddisfatte del loro rapporto rispetto a quelle coppie che invece usano pigiami, tute o camicie da notte: infatti i vestiti rappresentano una barriera tra i partner. Dormire nudi, invece, aiuta a migliorare la relazione con il compagno/a, ma anche il rapporto con il proprio corpo.

In particolare, dal risultato di questo sondaggio emerge che tra gli intervistati, il 57% di coloro che dormono nudi ha dichiarato di essere felice della propria relazione. A questo proposito, Stephen McKensie, uno degli intervistati, ha detto: “Dormo nudo da sei anni ed è molto più comodo del pigiama o dei boxer. Anche mia moglie non indossa nulla e non siamo mai stati più felici. La nudità aiuta a rilassarsi“.

Inoltre, Stephanie Thiers-Ratcliffe della Cotton Usa, che ha commissionato il sondaggio, ha affermato che ci sono altri fattori molto importanti che possono influenzare il successo – o il fallimento – di una coppia. Uno di questi è l’ambiente della camera da letto: dal sondaggio è stato segnalato che l’uso di lenzuola morbide e aumenta l’intimità tra i compagni e fa si che la relazione sia più felice e soddisfacente.

Altro fattore che influenza un rapporto sentimentale è il comportamento del partner nella camera da letto. La metà degli intervistati si irrita se il partner mangia nel letto, il 59% odia che si getti la biancheria intima – sporca – sul pavimento e il 33% non sopporta che la sua dolce metà dorma con i calzini.

Ridere degli “amori sfigati”, a Bologna si inizia oggi (EVENTO)

Credits photo PAGINA FB Amori sfigati

Chi nella vita non ha avuto un amore sfigato? Di quelli che a raccontarli a distanza di anni – molti anni- ci scappa anche una risata. Meglio iniziare a riderci su da subito, allora. Ci pensano le vignette di Chiara Rapaccini, in arte Rap e vedova di Mario Monicelli, a tirarci su di morale con ironia e un pizzico di disincanto.

Diventate un vero e proprio fenomeno sui social, con un blog e una pagina facebook molto seguiti, i disegni di Chiara Rapaccini rappresentano quelle situazioni quotidiane in cui gli innamorati -o quasi- incorrono.
Dal “Ti ha chiamato?” “No evidentemente non ha i soldi per la ricarica” al “Mi ami?” “Ma per te è tutto bianco o nero?” gli amori sfigati di Rap sono tanto reali quanto divertenti.

E da oggi le vignette di Rap diventano protagoniste di un vero e proprio evento, in programma a Bologna fino al 17 luglio. Ci sarà un’installazione dedicata agli amori sgualciti (presso la Salaborsa) e una serie di proiezioni di film a tema in Piazza Maggiore, ancora dibattiti e incontri.

Si apre con Risate di gioia di Mario Monicelli per la rassegna Sotto le stelle del cinema in Piazza Maggiore, domani la presentazione del libro di Chiara Rapaccini presso il Cortile dell’Archiginnasio. A seguire sarà la volta degli aperitivi sfigati.
Da non perdere anche la possibilità -per chi vuole- di condividere il proprio amore non proprio fortunato attraverso un videobox (dalle 16 alle 19 dall’8 al 17 luglio presso la Salaborsa).

Parola d’ordine ovviamente ironia, perchè in fondo un cuore infranto si ricompone sempre, ma per farlo bisogna iniziare a sorridere.

Anno sabatico dopo la maturità, errore o scelta vincente?

Credits photo studenti.it

Con l’Esame di stato agli sgoccioli e le ultime prove orali che si stanno svolgendo nei licei, oltre al meritato relax e al sano divertimento tanto desiderato, per i giovani è ora anche di iniziare a pensare al futuro. Il prossimo anno comincia un nuovo percorso per i neo diplomati, che hanno chiuso un capitolo importante della loro vita in vista di un futuro incerto, a cui bisogna già pensare, nonostante i mille dubbi e i problemi che si intravedono in un orizzonte sempre più vicino.

Altri 500.000 mila ragazzi si aggiungono alla massa di disoccupati, questa è la frase più comune tra i giovani, che si ritrovano con un pezzo di carta tra le mani, con tanto incertezza e sogni, solo tanti sogni. La realtà in fondo parla chiaro: in Italia un giovane su due è senza lavoro (nel primo trimestre il tasso di disoccupazione tra chi ha tra i 15 e 24 anni è del 46%) mentre la percentuale di laureati è la più bassa tra i 28 Paesi UE (cioè il 22,4%).

C’è chi ha già scelto la facoltà in cui continuare in autunno i propri studi e chi ha deciso invece di iniziare a lavorare, subito dopo l’estate. Tra le possibilità future vi è anche quella del gay year. Si tratta del celebre anno sabatico, un periodo di pausa produttiva, se sfruttata in maniera consapevole e formativa. Per partire basta vincere il timore dei genitori, essere sicuri della propria scelta, seguire un po’ il proprio istinto, lasciandosi guidare da quelli che sono i propri desideri e le possibilità.

Prendersi un anno di pausa sembrerebbero essere però, in una prima analisi, una decisione affrettata, dovuta al carico di studio affrontato precedentemente e al normale stato di stanchezza che si avverte. Perdere un anno sembrerebbe quindi un grave errore, una pausa che non incentiverebbe a studiare successivamente, ma che al contrario bloccherebbe il proprio percorso di studi, togliendo un po’ al ritmo acquisito fino ad oggi. Una pausa così lunga non permetterebbe una semplice ripresa dei libri. Eppure secondo alcuni studi, l’anno sabatico sembra essere la scelta vincente per i neo diplomati. Ecco alcuni incentivi per farlo.

1. Studiare con più profitto all’Università

L’Università del Nord Carolina e Harvard incoraggiano questa scelta e lo scorso febbraio la Tuft University ha lanciato un percorso di studi di 1+4 anni che prevede un anno sabatico. Gli studenti che hanno scelto questa opzione hanno una media di voti più alta rispetto agli altri e sono più coinvolti nel percorso di studi.

2. Scegliere la facoltà è più facile

In un anno si cresce, si matura e ci si conosce meglio, scoprendo inclinazioni che prima non si sarebbero mai prese in considerazione. Sarà più semplice quindi scegliere la giusta facoltà, senza perdere tempo e soldi inutilmente.

3. Vivere in libertà

È vero anche che la libertà vissuta a 18 anni ha tutto un altro sapore. Senza impegni, rate, figli o preoccupazioni, con cui prima o poi bisogna fare i conti. A questo punto, meglio più tardi che a 18 anni.

4. Prove di vita

Se fino ai 18 anni si rimane sempre nel guscio familiare, protetti, senza conoscere realmente quelle che sono le vere difficoltà e le vere prove della vita, in seguito non è più così. Ma una volta superata la porta di casa, si diventa automaticamente più forti, pronti per riprendere in mano la routine e lo studio con nuovi occhi.

5. Un curriculum rispettabile

Spesso un anno sabbatico comporta una riga in più, e di peso, sul proprio curriculum. A volte, soprattutto per le società internazionali, questa esperienza se prevede anche un periodo di lavoro non importa se umile, vale molto.

6. Un bagaglio culturale più ricco

Allontanarsi dalla propria casa, dalla propria famiglia e amici significa cambiare radicalmente le abitudini di una vita. Un anno può sembrare poco, ma in dodici mesi è possibile fare tante nuove esperienze, con persone diverse, che non possono che arricchire il bagaglio culturale di ognuno, in maniera più o meno positiva, ma pur sempre produttiva.

I rimpianti più comuni sul letto di morte

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Quali sono i rimpianti più comuni delle persone sul punto di morte? Non è una delle domande che ci si fa tutti i giorni, e nemmeno una delle più semplici. Come non proprio semplice è la risposta.

Ma Bronnie Ware ci sa rispondere. La Ware è un’infermiera australiana che cura i malati terminali – soprattutto durante i loro ultimi giorni di vita – e ha riportato, per diversi anni, le loro ultime parole e i loro ultimi desideri, in un blog, chiamato “Inspiration and Chai“. Poi, dato il gran successo, l’infermiera ha scritto un libro: “I 5 più grandi rimpianti dei morenti“.

1. “Vorrei aver avuto il coraggio di vivere una vita come volevo io, non quella che gli altri si aspettavano da me”

Questo, non aver vissuto la vita di testa propria, è il rimpianto più comune. L’infermiera racconta che durante gli ultimi giorni della loro vita, le persone capiscono tutti i propri errori, tra i quali c’è quello di non aver realizzato i propri sogni. La maggior parte delle persone a contatto con la Ware era consapevole di non aver fatto i propri interessi a causa di alcune scelte, sbagliate, prese nel corso della vita.

2. “Vorrei non aver lavorato così duramente”

Bronnie Ware ha rivelato che ogni paziente di sesso maschile aveva un grande rammarico: aver trascorso troppo tempo dedicandosi solamente al lavoro. Tutti questi uomini non si sono goduti in pieno la loro esistenza, si sono persi l’infanzia dei propri figli e non hanno beneficiato della compagnia della propria partner.

3. “Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti”

Dai racconti della Ware emerge che la maggior parte della gente si accontenta di una vita comune, quasi banale. Questo perchè si tendono ad eliminare i sentimenti e le emozioni per non avere problemi con gli altri. Il risultato di questa vita, però, non è per niente soddisfacente.

4. “Vorrei essere rimasto in contatto con i miei amici”

Molti dei pazienti a contatto con l’infermiera affermavano di aver perso tutte le loro amicizie nel corso della vita. Si è talmente troppo concentrati sulla propria esistenza da non avere il tempo da dedicare ai propri amici. Il rimpianto più grande era quello di non aver apprezzato e goduto in pieno di uno dei sentimenti più puri al mondo, di cui, proprio nel punto di morte, si sente una grande mancanza.

5. “Vorrei essere stato capace di rendermi più felice”

La felicità è una scelta. Nella vita, spesso, si rimane troppo attaccati alla quotidianità e ci si dimentica di dover essere contenti e dedicarsi un pò di tempo per ridere, ridere di cuore, e dimenticarsi di tutti i problemi. I pazienti della Ware affermano di aver mentito per troppo tempo a se stessi, convincendosi di essere felici, quando, dentro, sapevano che i sentimenti che provavano erano completamente opposti.

I racconti dell’infermiera Bonnie Ware sono importanti: da essi capiamo come le persone riescano a riflettere profondamente sulla loro vita solo in punto di morte.
Quindi “carpe diem” come direbbe Orazio o “yolo” come direbbero gli inglesi: il senso è sempre lo stesso. Bisogna vivere la vita al massimo, nel modo migliore, per cercare di non avere nessun rimpianto. Questa testimonianza dovrebbe proprio far riflettere sul senso della vita.