mercoledì, 24 Aprile 2024

La Love Blogger

Home La Love Blogger Pagina 7
Fosse per me passerei più tempo a fare l’amore che a scriverne. Ma, poi, qualcuno mi ha denominata La Love Blogger e da quel giorno faccio credere a tutti che io sia romantica a patto che tutti loro continuino a credere nell’amore.

Addio 2014 (LA LOVE BLOGGER)

Credit Photo: wrightbrosinc.com

Caro 2014,

fossi io un po’ più scaramantica e tu un po’ più Paolo Fox me la prenderei con te almeno in quanto ad amore, fortuna, salute e soldi. Magari, perché no, anche in quanto a chili di troppo. La verità è che amo le cose difficili. La sacrosanta verità è che l’amore è mio, la fortuna me la creo, la salute la si dà per scontata e i miei soldi sono tutti da Zara. Ah! I chili di troppo, sì. Beh quelli, invece, li puoi trovare tra il barattolo di Nutella e il divano di casa. Amo le cose difficili, dicevo, quindi amo anche quest’anno e il fatto che sia finito. E ad essere onesta non ci ha messo nemmeno troppo: 2014, sei volato via.

Se ci penso sorrido.
Mi sembrava impossibile alzarmi da quel divano e smettere di piangere per quella storia finita. Pensavo di esserne intrappolata, che io fossi su una sorta di ghigliottina, senza via d’uscita. Che mese era pure? Febbraio, forse Marzo, chi se lo ricorda. Mi hai insegnato che è vero: i giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita sola quest’anno. È stato difficile. Ce ne ho messo di tempo per capire che la vera difficoltà stava nel fatto che da sola non ci sapevo stare. 2-0 per te, mi hai insegnato anche questo. Però che fatica! Ne sono sicura, è stato per farti perdonare che a un certo punto la mia vita si è riempita di persone fantastiche. Non sono molte, no. Ma sono quelle grazie alle quali da sola non mi ci sento più. Però ho trascorso intere notti a pensare che in questa vita tutto costa fatica. Che qui è dove non si può mai fare quello che si vuole e lo sai io odio fare quello che vogliono gli altri. Perché non si può vivere di ciò che si ama? Perché non c’è meritocrazia qui, mi pare ovvio. Però ci sono persone che hanno i tuoi stessi sogni, ma quando sei in preda ad un attacco di odio compulsivo verso tutti non vedi altro e, comunque, è colpa degli altri perché se il sogno è tuo mica ti capiscono. E anche qui, un giorno mi hai insegnato che, in fondo, esiste il lavoro ed esistono le passioni, e che se poi se ci credi e non molli magari diventeranno la stessa cosa. E mentre imparavo tutte queste cose mi hai scombussolata di nuovo. Insomma, tu dai e poi riprendi, non si fa così. Stava andando tutto per il verso.. Insomma, stava andando tutto per il verso suo. Di certo io avevo trovato la mia serenità. Non avevo motivo di essere un giorno arrabbiata, un altro felice e poi incollata ad un telefono a sperare che suoni e poi. Non sono innamorata, no. Questo è impossibile! C’è una persona nella mia vita, sì, certo. Ma cosa siamo io e lui non lo so, non mi interessa. O sì? Beh hai combinato un bel danno 2014. Proprio sul finire. Non ero pronta.

L’amore arriva quando meno te lo aspetti.
Ho imparato anche questo proprio quando non lo cercavo più, non era nei piani. E va bene, non ero pronta. E ho sofferto già troppo e adesso ho paura e magari non è quello giusto. Ma nemmeno quello prima lo era. E in fondo tu stai per finire portandoti via tante cose, alcune belle e altre meno, ma ognuno di noi, se chiude gli occhi, immagina una persona al suo fianco allo scoccare della mezzanotte. E quella persona merita di saperlo: perché solo noi possiamo dare voce ai nostri sentimenti, non possiamo pretendere di essere capiti se non diciamo (o facciamo) niente. Anche questo, oggi lo so.

Alla fine mi tocca dirti pure grazie.
Per i posti nuovi che ho vissuto, le persone che non incontrerò mai più, per le illusioni grazie alle quali domani aprirò bene gli occhi e per i sogni che mi non mi hanno fatto dormire la notte. Ma anche per quelli che la mattina mi fanno saltare giù dal letto. Per quella che sono oggi, sicuramente diversa, non per forza migliore. Ad ogni modo pronta ad affrontare un nuovo anno, e desidero da lui una sola cosa: che sia nuovo. Come me. E ho imparato che a me, non posso sfuggire (e non voglio). E che tutto può succedere.

Come in uno stadio a cielo aperto,
come gli errori fatti su un campo da gioco, come le azioni studiate ma riuscite male e quelle improvvisate all’ultimo minuto ma che ti salvano tutto il resto. Un nuovo anno è una nuova partita, tutta da giocare.

Addio 2014

Da Marte a Venere c’è crisi d’amore (LA LOVE BLOGGER)

Credit Photo: www.graziaepaolo.it

Non so se lo avete notato ma in periodi di crisi economica iniziano a spuntare come funghi centri di scommesse. Poi che siano sportivi, che contengano slot machine o che all’interno si pratichino giochi d’azzardo poco importa. Hanno in comune tutti una sola cosa: arricchirsi facendo leva sulla disperazione del momento. Tu perdi il lavoro e loro, della tua disperazione, ne fanno una fonte di guadagno. Geniale. O terrificante, come preferite. Ad ogni modo è quello che sta accadendo anche nello spazio che va da Marte a Venere: c’è crisi d’amore. E lo sa bene chi ha preso di mira i più fragili: negli ultimi anni sembrano andare di moda siti d’incontri, cuscini a forma d’uomo e perfino su Facebook vengono sponsorizzati siti in cui puoi trovare l’anima gemella o, per non fare errori di valutazione questa volta, puoi trovare un fidanzato per finta.

Questo succede perché, da che il mondo è mondo, quelle fragili emotivamente sono le donne. Quelle che dicono di non volere figli, ma che poi fanno la faccia sognate quando gli passa davanti una carrozzina inglese. Quelle che si emozionano per la pubblicità della Nescafé perché tratta di una storia d’amore a distanza o che piangono per settimane la perdita di un personaggio di una serie tv. Sono loro: le donne.
A loro sembra impossibile superare la fine di una storia senza una confezione di gelato da 1Kg, lo sapevi?
Pensa che possono essere antipatiche anche se non sono in quel periodo particolare del mese e cambiano umore peggio di un Cancro ascendente stronzo, se vogliono. Per chi non lo sapesse chi è nato sotto il segno del Cancro cambia spesso umore ed è un perfetto stronzo. Per chi avesse dei dubbi a riguardo ho un numero da lasciargli, parlateci voi. Quelle che, se arrivano a 25 anni senza un fidanzato, avranno mamme pronte a consigliare loro di praticare un nuovo sport, il rugby per esempio: quello maschile ovviamente, non si sa mai che trovino fortuna tra uno scontro diretto e l’altro. Quelle che non appena vedono in una storia un potenziale campanello d’allarme ci si lanciano a capofitto e quanto più è problematica la situazione, tanto più diventa allettante per la crocerossina di turno proveniente dal pianeta Venere.

Da Marte invece, novità?
Tutto tace. Lì si beve birra, si fanno scommesse sportive e, una volta a casa, si litiga per mancanza di tatto ancor prima che loro riescano ad innervosirsi per la troppa volubilità emotiva di quella donna delicata come un fiore, ma che tutto d’un tratto – attento uomo – pare impossessata. Nemmeno il tempo di capire. Nemmeno il tempo di reagire. La donna è già incazzata, ti ha attribuito tutte le colpe, s’è presa la ragione e pure una pausa di riflessione: c’è crisi. E a quel punto gli uomini attraversano fasi altalenanti che vanno dal: “Sono un cretino, cosa le ho fatto?” Al: “No, no, aspetta. Io sono sicuro di non averle fatto niente”.

Insomma. Chi viene da Marte, chi viene da Venere, questi due universi paralleli sembrano essere destinati a non incontrarsi mai per forma mentis. Eppure una cosa è certa: le donne litigano solo se poi intendono far pace e gli uomini pure. E, un po’ come nel resto del mondo, le crisi per questa ragione se le inventano.

Il prezzo morale (e non) della violenza

Credit Photo: unadonna.it

Ieri ero alla fermata dell’autobus.
Ero seduta sotto la pensilina ad aspettare quando sento un clacson suonare ripetutamente. Ma non mi giro: sono per strada, è normale sentire il beep-beep di un clacson, penso. Qualcuno, però, stava cercando di attirare l’attenzione su di sé perché quel beep-beep risuonava a tempo. D’istinto, allora, mi volto verso la strada e da quella macchina mi fanno segno di salire. Erano le 15 del pomeriggio e quel qualcuno aveva appena scosso la mia giornata (e la mia mente) prima di ripartire con la sua macchina e andare chissà dove. Non nascondo che il mio primo pensiero è stato: “come sono vestita?”. Indossavo dei jeans lunghi, una maglia a mezze maniche nera, degli stivaletti bassi e comunque tutto questo non importa.

Nella vita sono un’aspirante giornalista e le notizie sono il mio pane quotidiano.
Prima di tutto, però, sono una donna. Io, quindi, l’ho imparato in fretta che esistono i complimenti, che poi esistono le offese, e poi gli schiamazzi dalle auto, la poca sensibilità di alcuni e la troppa volgarità di altri. Subito dopo ho appreso, inoltre, che il mio pane quotidiano si divide tra le ingiustizie che vengono urlate a perdifiato e quelle a cui, invece, nessuno da’ voce. Il risultato? Si insegna alle donne a difendersi, ma meno agli uomini ad avere rispetto. Ci si divide non dalla parte del torto o della ragione, ma da quella del debole e del più forte. Si fa leva su un’etica il cui marchio di riconoscimento è la divisa che indossi: dalla minigonna che fa poco di buono, alla giacca e cravatta che fa tanto onesto, alle divise color blu ideologico che simboleggiano la ragione (e, quindi, la forza). Questo è anche il risultato di una società in cui, ad esempio, una ragazza stuprata si domanda dove ha sbagliato e, per l’appunto, qualcuno la accuserà di essere stata troppo provocante. Anche un tribunale.

Quando si tratta di ingiustizie e morale la lista da stilare è davvero lunga.
Queste storie hanno in comune un unico grande dolore che ti logora fino a farti morire dentro. E, talvolta, non solo. Come la storia che stamattina ho appreso dall’Huffingtonpost. La riassumo: una vittima di stupro che si ritrova a dover risarcire il proprio stupratore, la somma pattuita dal tribunale di Faenza è di 40 mila euro. La lotta che l’ha condotta al termine di questa vicenda assurda è durata 7 lunghi anni. Ne aveva appena 23 quando è stata violentata dal suo professore di Arte e i 7 successivi sono stati una lunga agonia che fatta di terrore, di accuse, di lotta nel disperato tentativo di difendersi, di una giustizia che mai arriverà e dello sconforto più totale. Dopo 7 anni e la sentenza del tribunale, infatti, la ragazza decide di togliersi la vita perché sopraffatta dai sensi di colpa di aver lasciato che i suoi genitori si indebitassero fino al collo perché lei reclamava la giustizia che meritava. Quella che, se è vero, è l’unica difesa di un corpo e di una mente che, ormai, sono stati violati e macchiati per sempre.

Per chi fa il mio stesso lavoro sa quanto siano importanti i dettagli.
Raccontare nello specifico una storia aiuta chi legge ad immaginarsela davvero ed è quello che non intendo fare oggi. Quindi ho speso volutamente poche parole sull’accaduto nel rispetto di chi ne è protagonista, per me che non ne ho e per te che stai leggendo. Non intendo farlo con questa storia che nemmeno la persona dotata della più fervida immaginazione avrebbe potuto elaborare. Ma purché questa morte non sia vana.

Da donna priva di colpe come tutte le altre. Pensante e dotata di razionalità proprio come un uomo, ma a differenza di un animale che, invece, vive di istinti indomabili. Lui sì.