A Londra “si vive peggio, ma si sta meglio“, dice la giornalista e scrittrice Caterina Soffici, autrice del libro, edito da Feltrinelli, “Italia Yes Italia No“.
Con un’impostazione volutamente ironica, l’autrice fotografa la condizione di una numerosa comunità, quella degli italiani emigrati a Londra. Sono circa duecentocinquanta mila, di cui novantamila registrati solo negli ultimi due anni, gli italiani partiti in cerca di un presente e di un futuro più certo, condizione che il nostro paese, occupato in scandali e inconcludenti dibattiti politici, non riesce oggi a garantire.
Mancano il clima, i colori, la storia, la cultura. Manca il calore del vicino, la propria tradizione, quella con la quale si è cresciuti. Si scelgono mete diverse, spinti dall’identico motivo di vivere nel giusto, senza essere esposti perennemente a un sistema disorganizzato e chiassoso. Questo non manca. Questo è quello per cui si parte.
“A Londra si sta meglio perché qui ho trovato la banalità della normalità, convinta che se solo la bilancia tornasse a pendere per il verso giusto, in tanti torneremmo subito. Ma bisogna far presto, altrimenti i nostri figli avranno voglia di tornare?“, dice la Soffici.
E legittimo è l’interrogativo della giornalista. Chi è partito conosce il bello, innegabilmente presente, che ha lasciato, ma le future generazioni? Loro lo vivranno solo mediato, ma chiameranno “casa” il posto in cui vivono.
Una burocrazia ordinata e fiscale, costi della politica “vergognosamente” inferiori rispetto ai nostri, giustizia certa e intransigente. Questo il “giusto” per cui si parte. Ma d’altra parte, costi dell’istruzione onerosi, che non consentono il coinvolgimento di tutte le fasce della popolazione, che si ritrova a dover scegliere tra scuole pubbliche e fatiscenti e costosissimi istituti privati.
Il buono supera il cattivo, ma è chiaro cosa sia buono e cosa cattivo.
Si parte per questo, ma il sogno di un’Italia migliore, un’Italia con il futuro che merita, resta vivo nel cuore di ogni singolo emigrato.