Harry e Meghan hanno rinunciato ai titoli reali, o glieli hanno levali con la forza, ma vogliono vivere comunque come i reali.
E cosa fanno i reali? Beneficenza. Che però viene poi scalata dalle tasse.
I duchi quindi, hanno dovuto fondare diverse imprese e dedicarsi a molti progetti, alcuni dei quali in verità non sono proprio partiti ed altri si sono rivelati un flop.
La coppia, ha scelto come sede di tutte queste attività, un paradiso fiscale.
Il tutto in gran segreto.
Harry e Meghan e gli affari nel paradiso fiscale
Harry e Meghan, in sostanza, hanno avuto bisogno di fondare delle società per curare i loro diritti d’autore e per produrre i loro lavori.
In totale le aziende sono undici, fra cui:
- Peca Publishing LLC, per detenere i diritti di The Bench (pearl significa lentiggini)
- Orinoco Publishing LLC, che si occuperà di curare i diritti d’autore del Principe Harry (orinoco è il nome di un fiume sudamericano)
- Cobblestone Lane LLC fondata come proprietaria del marchio Archewell
- Baobab Holdings che invece deve occuparsi di investimenti
- Nemawashi Holdings che è una società finanziaria che detiene un gruppo di aziende (“nemawashi” significa “lavorare attorno alle radici” in giapponese)
- Bridgemont LLC e la Hampshire LLC sono le aziende destinate alla produzione di contenuti per il mondo dell’intrattenimento
E dove sono state fondate? A Delaware, un vero e proprio paradiso fiscale. In questo piccolissimo stato le tasse son molto basse proprio per favorire chi fonda nuove aziende.
Harry e Meghan: grane con Spotify
Harry e Meghan avevano promesso tante cose e firmato contratti, sia con Netflix che con Spotify. Ad oggi c’è solo un episodio pilota del loro podcast su Spotify, che pare sia stato un flop.
Con quest’ultima pare ci siamo problemi: i duchi hanno firmato un contratto da 1,8 milioni di sterline ma adesso stanno tornando sui loro passi. Il motivo? Un podcast di un comico no vax.
I Sussex hanno dichiarato: “Centinaia di milioni di persone possono essere danneggiate dalla cattiva informazione ogni giorno. Lo scorso aprile abbiamo iniziato a esprimere preoccupazione ai nostri partner di Spotify per le conseguenze fin troppo reali della disinformazione sul Covid sulla piattaforma. Contiamo su Spotify per apportare delle modifiche e continueremo a lavorare insieme se lo farà”.
Più chiaro di così.