Prevenire è meglio che curare: prima avviene la diagnosi, maggiori sono le possibilità di controllare e curare l’evoluzione delle malattie. Questo, vale anche per le malattie reumatiche, che in Italia colpiscono circa nove milioni di persone. Artrite reumatoide, artrosi, fibromialgia, gotta e lupus eritematoso sistemico le più diffuse, e ad esserne colpiti non soltanto gli anziani, ma anche adulti nel pieno della vita. Ed è soprattutto per loro che bisogna favorire la diagnosi precoce, in modo da evitare che malattie a decorso progressivo evolvano da una condizione dolorosa a una invalidante.
Con questo scopo, a Torino, si riuniranno per il Congresso Nazionale del Collegio dei Reumatologi Italiani, i più illustri specialisti del campo, tra i quali Enrico Fusaro, direttore della struttura complessa di reumatologia dell’Ospedale Molinette di Torino, all’interno del quale ha aperto un reparto dedicato alla diagnosi precoce dell’artrite reumatoide.
Le malattie autoimmuni sistemiche richiedono continui accertamenti, esami e cure molto costose. “Non vanno lasciate a sé, ma bisogna curarle adeguatamente, prendendole per tempo”, afferma lo specialista.
Un ruolo fondamentale per la diagnosi precoce è svolto dal medico curante. Dovrà essere lui, di fronte alla descrizione del paziente dei sintomi, ad individuare la possibile causa e non limitarsi a curarla. In questo modo la prognosi potrà essere migliore.
Il primo approccio per curare le malattie reumatiche, sta nell’utilizzo di “farmaci di fondo” (DMARD) in grado di ridurre il dolore e il gonfiore articolare, rallentando e talvolta bloccando i danni provocati alle articolazioni dall’artrite. Quando questi non funzionano, si ricorre ai “farmaci biotecnologici”, in grado di bloccare il progresso delle malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante. “Il destino prognostico è decisamente migliorato rispetto al passato e, oggi, siamo in grado di offrire una migliore qualità della vita ai pazienti affetti da una malattia reumatica”, afferma Stefano Stisi, responsabile del reparto di reumatologia dell’Ospedale Rummo di Benevento e Presidente del Collegio dei Reumatologi ospedalieri e territoriali.
L’importante evento scientifico ricade nel mese mondiale dell’osteoporosi (malattia che provoca la progressiva perdita di massa ossea, con conseguente rischio elevato di frattura). “Si tratta di una condizione ancora sottovalutata in entrambi i sessi e poco trattata. Eppure rappresenta una emergenza di salute pubblica, nel momento in cui si ha a che fare con una popolazione sempre più anziana che dopo la prima frattura si avvia verso la non autosufficienza”, ha dichiarato Andrea Giustina, ordinario di endocrinologia all’Università di Brescia e Presidente del Gioseg (gruppo di studio italiano che si dedica allo studio delle cause endocrinologiche dell’osteoporosi).
Scoprire la malattia quando essa si è già manifestata attraverso la rottura di un osso, vuol dire aver fallito nella prevenzione, anche perché, il rischio di una seconda frattura, nel periodo immediatamente successivo alla prima, è molto elevato. Per eseguire una diagnosi precoce di osteoporosi, è fondamentale un esame noto come MOC (mineralometria ossea computerizzata): attraverso i raggi X si determina la quantità e la densità minerale nei distretti a maggior rischio di frattura, quali le vertebre lombari e la parte prossimale del femore.
Le malattie reumatiche sono subdole, ma prima le si scopre, meglio si convive con esse.