Più ricchi e più felici? Non è vero: a rivelarlo sono le ultime ricerche presentate durante l’incontro “Soldi felici 2.0: nuove informazioni sul rapporto tra denaro e benessere”, nell’ambito della Convention della Society for Personality and Social Psychology a Long Beach in California. Da quanto è emerso, pare proprio che l’agio economico aiuti, sì, a essere felici, ma a condizione di scegliere con cura le cose che si acquistano. Il lato negativo della ricchezza, invece, sta nel fatto che minimizza l’entusiasmo nei confronti della quotidianità, impedendoci di godere delle piccole cose.
Lo studio apparso sulla rivista “Psychological Science” ha illustrato come gli acquisti relativi alle esperienze – siano esse viaggi o percorsi benessere – diano una felicità prolungata rispetto a quelli di oggetti. Bisogna, perciò, investire per fare le cose e non per averle: peraltro, fondamentale è anche il fattore dell’attesa, durante la quale ci si prende tutto il tempo per preparare e studiare i dettagli delle proprie vacanze, immaginandosi già il piacere che se ne avrà.
Un’altra ricerca comparsa sul “Personality and Social Psychology Bulletin”, poi, sostiene che l’agio economico porta le persone a essere incapaci di godere della semplicità: affrontando le difficoltà, al contrario, la capacità di gioire di poco incrementa. “Semplicemente – spiega lo scienziato Jordi Quoidbach – ricordare alle persone che il futuro può essere imprevedibile le spinge a fermarsi ad annusare le rose“.
In conclusione, piacere e abbondanza a portata di mano possono non essere sinonimi di felicità: se in tanti desiderano la ricchezza perché credono possa farli felici, la scienza sostiene che invece è proprio il tentativo di raggiungere la ricchezza a rappresentare la condizione ideale per sorridere. Secondo una ricerca condotta su di un numero di persone benestanti a opera degli studiosi dell’Harvard Business School, dell’Università di Mannheim e della Yale University (ma ancora non pubblicata ufficialmente), i partecipanti hanno ammesso che avere tre o quattro volte quanto possedessero li avrebbe resi felici al massimo, precisando però che il denaro posseduto era di per sé sufficiente. In sostanza, la felicità non è per forza una conseguenza della ricchezza: è il desiderio di fare più soldi a rappresentare la promessa di una maggiore e futura prosperità.