Fotogramma tratto dal film "L'amante" di Jean-Jacques Annaud

L’amante, spesso demonizzata neanche fosse una calamità, è innanzitutto – come il suo status grammaticale di participio presente denuncia – una persona che ama: illecitamente, certo. Ma per i sentimenti (almeno per quelli) non esiste forma di irregimentazione che tenga: dove ci sospingono, là ci ritroviamo. E non per nuocere deliberatamente a qualcuno o alla sua reputazione, ma semplicemente perché non possiamo domare i desideri che ci animano, né dirottare le direzioni in cui essi ci immettono.

Guidate da pulsioni tanto intime da potersi definire persino primordiali, potremmo così sorprenderci a indossare i panni di una figura che – per quanto osteggiata dalla morale comune – finisce inevitabilmente col godere di privilegi del tutto preclusi a chi, invece, ricopre “cariche ufficiali”:

1) tra amanti vige libertà assoluta: non ci sono accordi, né imposizioni o pretese che spesso costituiscono ciò che logora i rapporti canonici;

2) viene completamente meno la dinamica routinaria che caratterizza il 90% dei fidanzamenti: tutto è imprevedibile e, di conseguenza, molto più avvincente, con colpi di scena da tachicardia;

3) l’adrenalina del proibito diventa una dipendenza: per quanto ci si riprometterà di non vedersi più, si finirà puntualmente per non tener mai fede alla parola data;

4) viene a instaurarsi una complicità assoluta, un’intesa immediata e muta, in cui non serve blaterare per ore, ma bastano sguardi di pochi secondi;

5) l’attrazione è incontenibile: per la logica inversa di cui la psiche di ognuno di noi è vittima, ci si desidera soprattutto quando non ci si può avere. L’impossibilità di aversi genera una passione istintuale, dionisiaca, un turbine pulsionale cui abbandonarsi ogni qualvolta si presenti l’occasione;

6) l’intimità che viene a crearsi dà accesso alle verità più segrete dell’altro, quelle che non si riesce a rivelare in contesti più omologati e asfissianti;

7) ogni attenzione ricevuta è spontanea, sentita e non una mera formula abitudinaria;

8) il rapporto viene ad assumere un’intermittenza che consente di respirare, di non sentirsi oppressi, soprattutto nel caso si abbia maturato una buona dose di cinismo e scetticismo circa le relazioni a due;

9) nessuno dei due costituisce un peso per l’altro: non ci sono ricorrenze obbligate a cui attenersi (vedi pranzi/cene familiari), problemi altrui di cui farsi carico o ingerenze di sorta nella propria vita, che resta completamente autonoma e indipendente;

10) l’incomparabile sensazione generale è quella di una sospensione della realtà circostante, insieme con tutte le sue brutture e implicazioni.

Una realtà questa, che, tuttavia, non tarda a crollare addosso all’interessata al termine di ogni episodico incontro: oltre a quegli istanti fugaci e nascosti, nessun gesto potrà mai manifestarsi apertamente, creando una montante condizione di inibizione e di insoddisfazione.

Non di solo piacere, ma anche di molto tormento si sostanzia la scelta di un’amante: non può essere che una pulsione mortifera quella che spinge qualcuno a creare un rapporto-ombra destinato a incepparsi in un loop infelice, in una coazione a ripetere che nasce dall’intento inconscio di fare del male a se stessi soltanto. Ma è proprio soffrendo che si acquisisce consapevolezza: quelli che si bolla aprioristicamente come sbagli si rivelano, il più delle volte, delle preziose lezioni.

Ché vivere non è giudicare, ma affondare le mani in quello che palpita, e per farlo non ci si può infilare i guanti: le mani bisogna per forza sporcarsele.