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La vita della commessa è più dura di quanto si creda. Clienti maleducati, pretenziosi, bambini strillanti, donne e uomini che mentono sulla loro vera taglia, insomma ogni giorno in ogni negozio succedono cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare.

Noi di Bloglive abbiamo stipulato un decalogo delle tragedie che una commessa è costretta a subire ogni giorno della sua vita, fino a che – preso il coraggio a due mani – non deciderà di investire su una professione diversa o sull’esistenza da eremita, perché dopo aver avuto a che fare con il popolo perennemente insoddisfatto, l’idea di vivere tra i boschi si fa sempre più forte e opprimente.

Ecco a voi i dieci drammi che una commessa è costretta a vivere quotidianamente:

1. Mentire sempre e a prescindere

Partiamo dal presupposto che i clienti la verità non la vogliono sapere. Loro fanno le domande ma hanno intenzione di ricevere solo una risposta: “Sì, signora, questo vestito le calza a pennello.” anche se non è vero, anche se starebbero strette pure in un tendone da circo. Perché la verità fa male e ci sono un sacco di persone che, fingendo di portare 3 o 4 taglie in meno, vogliono entrare a tutti i costi in quella dannata S solo per aver un peso in meno sulla coscienza, che però verrà fuori la sera stessa sulla bilancia.
Siate sinceri almeno con voi stessi, di una taglia L non è mai morta nessuna, almeno io sono viva e vegeta.

2. Buonasera a lei e ai tutti i suoi 6 figli

Sì, la sera in chiusura, quando riordini il negozio per il giorno dopo, con una certa regolarità arrivano loro, le famiglie “Settimo Cielo”, quelle composte da due genitori e innumerevoli figli.
Tu da buona professionista, però, sai già che per i bambini non c’è cosa più noiosa dello shopping e con la stessa consapevolezza aspetti con ansia il momento in cui si metteranno a correre per tutto il negozio, tirando giù tutto quello che troveranno a seguito: la pila di magliette pazientemente piegate sul tavolo, gli accessori della ultra-citata regina dei ghiacci Elsa, i manichini e pure te, se non stai attenta.
Esistono le aree per bambini, per l’amore di Dio, scaricateli lì per un’oretta e a giovarne saremo tutti, ma specialmente noi.

3. Non hai un weekend libero a meno del funerale della prozia Assunta

“Sabato ti va di..?” e la risposta rimane sempre la stessa: “No, non posso, lavoro.”
Le brevi storie tristi delle commesse si ripetono ogni fine settimana, per il resto della loro triste vita. Per noi è praticamente impossibile programmare weekend e feste più o meno comandate con chiunque, che sia il fidanzatino o gli amici per la grigliata di Pasquetta. Scordati compleanni, cene ed eventi, la tua esistenza è in quel negozio e lì deve rimanere, l’unica cosa che festeggerai sarà il rientro a casa.

4. Sì, carino, ma lo volevo verde menta con scaglie di cioccolato vero

Non importa quanti vestiti tu possa tirar fuori e mostrare, non importa quanto il tuo gusto sia diecimila volte migliore di quello della signora che hai davanti. Se tiri fuori 27 colori diversi della stessa maglietta e l’abbini al suo pantalone, la cliente vorrà la 28esima, con tutti i colori più uno e inserti in pelle di coccodrillo. Ovviamente, in caso di under 15 mai nominare la parola “nero”, perché i bambini non si vestono di nero. Ma chi l’ha detto? Così capiterà che ti chiederai se la cliente è daltonica e non lo sa o non lo vuole ammettere, se forse è una delle nipoti di Moira Orfei, ma guai a dirle che sta vestendo la figlia come le bambine de “Il mio grasso grosso matrimonio gipsy”.

5. Il caldo d’estate e il freddo d’inverno

È quasi come per magia che i condizionatori nei negozi funzionino sempre al contrario: buttano fuori l’aria calda il 15 d’agosto e quella fredda durante il solstizio d’inverno.
E tu, non solo devi subire tutte le variazioni climatiche con nonchalance, ma dovrai anche dar credito a tutti i clienti che in cassa ti faranno notare che ” fa troppo caldo” o “fa troppo freddo”, come se tu non fossi in grado di capirlo da sola. Grazie per avermelo fatto notare, forse le pezze sotto le ascelle o i geloni alle mani non rendevano abbastanza l’idea, riferirò al mio capo comunque, NON torni a trovarci.

6. Come sono piegati bene quei maglioncini, sono così perfetti che non vedo l’ora di distruggere tutto il tuo lavoro

Per questa categoria dovrebbe esistere un girone dell’inferno e se nulla è ancora stato fatto, chiamerò personalmente perché lo progettino subito.
Le persone sono oltremodo maleducate – purtroppo non potrei esprimermi come vorrei senza incappare in censure e denunce varie – e sembrano aver per hobby, quando vanno al centro commerciale, la distruzione del lavoro certosino delle povere commesse costrette a piegare centinaia di capi in maniera ordinata e precisa su tavoli e mensole.
Un uragano farebbe meno danni e tu speri solo che qualcuno ascolti le tue preghiere e faccia cadere il cliente in questione dalle scale mobili, di faccia.

7. Parlare 3 lingue non ti servirà a nulla di fronte al cliente che proviene da oriente

Inglese? Fluente. Spagnolo? Base. Conosci qualche altra lingua? Sì. Benissimo, perché tanto non ti servirà a nulla a meno che non sia la conoscenza profonda e radicata del cinese, del russo e dell’arabo, che sono le tre categorie di clienti che spesso proprio non riescono ad accettare il fatto che non parli fluentemente la loro semplice e intuitiva lingua. Mea culpa se ho investito il mio tempo nello studio del tedesco, quando anche mia madre mi aveva suggerito che i nuovi mercati sarebbero nati dove il sole sorge. Che idiota.

8. Fate i pacchi regalo?

Le sembriamo il villaggio di Babbo Natale? E questo dovrebbe essere abbastanza per rispondere alla domanda, ma ormai i pacchi regalo li fanno pure i panettieri e quindi ognuna di noi si deve adattare e adeguare.
Il problema non sta tanto nel pacchettino regalo, quanto nel fatto che: la carta non va bene, non mi piace, più grande, più piccola, il prezzo l’hai tolto, il fiocco, il nastro…
Quindi tornando all’origine del problema, non siamo il villaggio di Babbo Natale e dietro l’angolo c’è una cartoleria rifornitissima, grazie e anche lei può NON tornare a trovarci.

9. La musica in generale

Troppo alta, troppo bassa, troppo allegra, troppo triste. La musica in negozio non è mai quella che vorresti, specialmente se gli unici concerti che frequenti sono quelli death-metal.
Alcuni shop te la sparano a cannone dentro alle orecchie fino a farti sanguinare i timpani e tu ti aggiri confuso e stordito da un parte all’altra del negozio, incosciente e con una strana voglia di chiedere free drink al primo PR che trovi. Altri hanno delle playlist di una tristezza che ti farebbe tagliare le vene per il lungo e ti portano ad apprezzare persino “Sorry” di Justin Bieber. Insomma, create delle cuffie invisibili e che ognuno si sintonizzi sullo Spotify che preferisce.

10. I saldi

The last, but not the least: i saldi.
Solo la parola farà scorrere lungo le schiene dei fortunati partecipanti alla categoria dei brividi di natura glaciale. Noi i saldi li temiamo più degli spoiler di Game of Thrones, più della fatidica frase “Ti devo parlare”, più del giorno del giudizio. I saldi sono quella cosa che ti fa temere di non rivedere più la tua famiglia e ti fa sentire un reduce di guerra ogni volta che torni a casa sano e salvo. Quando distribuiranno le medaglie di merito al riguardo? Io la sto aspettando.