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Airbnb è come una scuola divertente, dove per di più ti pagano: è quanto ha affermato Joe Gebbia, uno dei 3 fondatori della società Airbnb, che permette a viaggiatori e proprietari di loft, case private, alloggi vacanze, barche etc. di entrare in contatto tra loro. I privati possono affittare posti extra e, allo stesso tempo, i turisti hanno la possibilità di alloggiare con la popolazione locale. Ecco come funziona.

Nato nel 2007 col nome airbedandbreakfast, il portale, che ha accorciato il nome in Airbnb successivamente, porta le firme di Joe Gebbia, Brian Chescky e Nathan Blecharczyk: l’idea iniziale si deve a Joe e Brian che, non avendo più alcun soldo per pagare l’affitto del loro loft a San Francisco, hanno deciso di mettere a disposizione alcune stanze in cambio di una piccola somma in denaro.

Così, la loro capacità di problem solving (trovare soluzioni ai loro problemi) li ha portati a creare un’azienda sorretta da un sito in cui tutti potessero iscriversi da host e dare la possibilità agli ospiti di stare presso le loro case piuttosto che nei soliti alberghi. Non solo. La loro filosofia, basata su un forte senso di ospitalità, rispetta appieno i principi della sharing economy.

Gli stessi ideatori, forti del successo ottenuto, hanno trasformato il loro loft nell’ufficio dell’azienda, in modo che anche a lavoro si sentissero come a casa.

Credits photo: metropolismag.com
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Col tempo si è passati da piccoli spazi a vere e proprie case vacanze, barche etc, tutti luoghi in cui i benefici dei viaggiatori stanno soprattutto nella faciilità di incontro con popolazioni della cultura locale, ma che spesso e volentieri tradiscono la filosofia iniziale di condivisione.

Pare infatti che molte aziende ma soprattutto privati utilizzino questa attivatà secondaria come fonte primaria di guadagno. Lo rivela un’inchiesta condotta sul giornale francese “Le temps”, che individua le insidie di questo business. Si tratta soprattutto di aziende immobiliari che si spacciano per privati e che sperano probabilmente in questo modo di abbattere la concorrenza.

Ma tra i più di 800.000 alloggi in 190 paesi c’è anche chi opera nel rispetto della sharing economy, dimostrando apertura mentale, curiosità e interesse nei confronti del diverso e garantendo ai viaggiatori in vacanza per brevi periodi il vantaggio di sentirsi a casa anche in una città in una parte remota del mondo.