La Lancet e il British Medical Journal, tra le riviste mediche più autorevoli al livello internazionale, hanno sollevato una dura polemica ai danni della Fifa per aver incluso tra le aziende partner dei Mondiali 2014 la Coca Cola, la McDonald’s e la Budweiser. Thiago Hérick de Sà, nutrizionista dell’Università di San Paolo, afferma infatti nel suo articolo apparso su Lancet che questo genere di sponsorizzazioni compromettono seriamente tutti i progressi che la comunità medica internazionale è riuscita a raggiungere nel corso della sua difficile lotta contro l’obesità e della promozione costante di abitudini alimentari sane. Anche il British Medical Journal, dal canto suo, ha posto l’accento sui rapporti economici che intercorrono tra la Fifa e l’azienda Budweiser e sull’opinabile abbinamento tra sport e alcol: qui ci si chiede, inoltre, come mai in Brasile le tasse di importazione sulla birra previste abbiano tardato nell’essere adottate proprio in concomitanza con l’importante manifestazione ospitata.
Del resto, farsi pubblicità nel corso di eventi sportivi, e soprattutto calcistici, è qualcosa che fa decisamente gola alle grandi multinazionali: non a caso la McDonald’s sponsorizza i Mondiali dal 1994, mentre la Coca Cola, oltre a fare altrettanto dal 1978, è addirittura partner dei Giochi Olimpici dal lontano 1978. Relazioni saldamente intessute, dunque, che non rincuorano affatto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo i cui dati rispetto al 1980 le persone che soffrono di obesità risultano effettivamente raddoppiate: ciò significa che circa la metà degli adulti è in sovrappeso e che problemi affini all’obesità affliggono il 30% dei bambini, una percentuale che peraltro continua ad aumentare in maniera preoccupante.
Duramente criticate anche le campagne di promozione riguardanti l’attività fisica poste in essere dalle aziende che hanno sponsorizzato i mondiali: queste hanno, infatti, il chiaro intento di dissimulare l’incidenza che un’alimentazione scorretta può avere nello sviluppo di patologie legate all’obesità, da attribuirsi – a loro avviso – esclusivamente alla sedentarietà. Stando al parere degli esperti in materia, tali aziende dovrebbero assolutamente evitare di commercializzare i propri prodotti durante le grandi manifestazioni sportive: una rinuncia che non sarebbe neanche così disastrosa in termini economici, se si considera che durante le Olimpiadi di Londra 2010 le pubblicità di junk food non costituivano che il 2% di quelle totali.