Se in Italia è qualcosa del tutto normale, gesticolare all’estero può invece essere motivo di pericolosi fraintendimenti: basti pensare che i pollici all’insù, cordiale segno d’accordo per inglesi e americani, in Sardegna significano “siediti”, mentre in Francia questa stessa approvazione la si esprime poggiando il pollice contro la punta dell’indice.
E che dire delle dita a V? Se in alcuni Paesi, come l’Italia, è un segno positivo, in altri è terribilmente negativo: in Inghilterra, per esempio, la V mostrata col dorso della mano equivale a mandare qualcuno al diavolo. Anche picchiettare il pollice contro i denti può dare adito a qui pro quo: fatelo soltanto se volete dire all’altra persona che è uno spilorcio! Mai dimenticarsi, poi, che toccarsi la punta del gomito e alzare il pugno sono gesti maleducati praticamente ovunque.
Altrettanto maleducato, se non addirittura un affronto al galateo, è tacere di fronte a un brindisi: in generale, le parole d’ordine dovrebbero essere d’auguri, come un “cento di questi giorni o un “buona fortuna”, che in altre lingue corrispondono a “Na zdravje” (slovacco), “salud” (spagnolo), “saude” (portoghese brasiliano), “kia ora” (Maori), “egeszsegedre” (ungherese), mentre tra ucraini si suole dire “budmo”, cioè “si possa noi vivere in eterno”.
Fuori questione è anche starnutire: uno starnuto in Giappone equivale a un elogio, ma due sono segno di critica e tre addirittura di denigrazione. Per quanto riguarda la formula con cui rispondere a chi starnutisce, in Messico si usa dire “salud” (salute) al primo starnuto, “dinero” (soldi) al secondo e al terzo “amor” (amore). In Iran, invece, dopo aver starnutito è necessario fermarsi per svariati minuti prima di riprendere quel che si stava facendo: starnutire mentre si è sul punto di prendere una decisione significa che non bisogna assolutamente continuare sulla strada che si era pensato di intraprendere, ma un secondo starnuto nell’immediatezza riporta sui propri passi, perché indica che si può fare quel che si vuole.