Poco importa se lo preferite ben cotto, al sangue, con cheddar e insalata o condito con ketchup e maionese: l’hamburger, ormai a detta persino dei più grandi chef, non è più da considerarsi cibo spazzatura, nemmeno in Italia che – anzi – per Joe Bastianich, “è l’unico posto in grado di rendergli giustizia”. A sancirne l’assoluto trionfo sulle tavole di tutto il mondo, gli straordinari cuochi del ristorante parigino Blend, Victor Garnier, David Japy ed Elodie Rambaud con il libro “Hamburger Gourmet”, disponibile anche nelle librerie italiane: “L’hamburger è un invito a cucinare, a mangiare con gusto – spiega Garnier – per non parlare della convivialità che ispira: davanti a un buon hamburger ci si sente bene: riunisce, avvicina. L’hamburger, poi, ha una peculiarità: il piacere di prepararlo è pari a quello di mangiarlo”. Insomma, degli ottimi motivi per elaborare le 58 ricette proposte nel volume, che spaziano dall’hamburger semplice al bacon a quello a base di agnello, prugne e paprika. Al parere degli esperti si aggiunge, ad ulteriore conferma, il proliferare lungo tutto lo Stivale delle hamburgerie, che hanno fatto della specialità americana un piatto per veri intenditori.

Nato in Texas nel 1880 per opera di Fletcher Davis, l’hamburger rinasce in versione gourmet intorno al 2000, anno in cui quasi tutti gli chef stellati cominciano a inserirlo nei loro menù: fra questi, il pioniere assoluto è il francese Daniel Boulud che a New York propone il suo hamburger al foie gras a 29 dollari. In terra nostrana, tutto ha inizio a Milano, con Andrea Berton e Nespor & Roncoroni di Al mercato: stravolgendo l’immagine d Alberto Sordi di “Un americano a Roma”, sostituiscono la salsa barbecue con il pesto, il cheddar con la scamorza, aggiungono svariati ingredienti mediterranei e pane tipico, dando vita così all’hamburgeria all’italiana, adatta a tutti i palati e a tutte le tasche, ma sempre di alta qualità.

Tra le più quotate, la California Bakery di Milano offre “solo carne italiana di bovini cresciuti al pascolo e alimentati in modo naturale senza uso di antibiotici”, senza escludere varianti più esotiche come quella del Burger di quinoa bio, con cipolla rossa di Tropea pickles e salsa di yogurt greco con erbe fini. Il Denzel, dal canto suo, serve l’Art Burger kasher, senza formaggio, mentre il Damini & Affini di Arzignano (Vi) è contemporaneamente macelleria, banco dei formaggi e ristorante. Sorgono poi un po’ dappertutto le hamburgerie di Eatitaly, a base di carne piemontese de La Granda e di formaggi di Langa, cui vanno ad aggiungersi le sedi di Roma e di Milano dell’Ham Holy Burger: qui è lo YouthBurger a farla da padrone, con carne Presidio Slow Food, crudo doppia corona 18 mesi, julienne di porri, frico di Parmigiano Reggiano e maionese di capperi. All’Orsone di Bastianich a Gagliano di Cividale, in Friuli, ci si delizia invece con l’hamburger di fassona, servito col gorgonzola. Frattanto a Cagliari, ai tavoli di Retroburger, si possono ordinare anche hamburger di cavallo, di asino e d’anatra, di provenienza italiana, sudamericana, irlandese o neozelandese. E, ancora, al Kilo di Roma l’hamburger è così grande da diventare “sociale”, perché da dividere con gli amici. Un trend che non ha risparmiato neanche la terra della Fiorentina, dove il Danny Rock in riva all’Arno fa furore col Pitburger di manzo e salsiccia. Ma niente paura per i vegetariani: la variante meat free è disponibile per ogni piatto sul menù.