Si aggira intorno al 36,4% la percentuale degli studenti – matricole, per la precisione – che abbandonano il Sud, scappano dalla propria terra, per iniziare un percorso accademico altre regioni, soprattutto quelle del Nord e a Roma. E il fenomeno si verifica per qualsiasi facoltà: studi umanistici o scientifici, psicologici o sociali.
Gli studenti laziali e lombardi, al contrario, sono quelli più “stanziali”, quelli che tendenzialmente – e i numeri lo confermano, tra il 90,1% e il 92,6% dei casi – rimangono nella propria regione d’origine. Questo, naturalmente, perché in città come Roma, Milano o Piacenza ci sono ottimi atenei, pubblici e privati, che offrono tantissimo. Diverso invece il caso di regioni del “profondo Sud”, come quelli della Calabria, che “perde” il 36,6% dei propri studenti, nonostante il tentativo di creare a Cosenza l’unica università “residenziale” oggi attiva in Italia. Anche i dati di Puglia e Abruzzo non sono del tutto confortanti per le due regioni: via vero in Nord, infatti, il 35% degli immatricolati. Non va molto meglio alla Sicilia, con quote del 26% circa.
Come commentare il fenomeno? Questo, sicuramente, non è una novità: sono anni che gli studenti del sud Italia lasciano la loro terra natia per cercare “fortuna” altrove, al Nord, dove possano trovare un’offerta formativa migliore, un futuro migliore, un lavoro migliore e delle opportunità di crescita e progresso professionale e umano. Questo perché, al Sud, mancano le strutture e le possibilità, si cerca sempre di scappare per trovare chissà dove la speranza di un futuro migliore.