C’è un trend nuovo, pericoloso e inquietante, per quanto riguarda i social network, italiani e non solo. Un trend fatto di discussioni e parole chiave, di insulti e minacce a volte, di scambi e di impressioni all’apparenza neutri ma che sfociano spesso nel volgare, nell’intimidatorio.
Il progetto romano
Lo ha dimostrato il Center of Data Science and Complexity dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” che ha deciso di porre sotto la lente di ingrandimento oltre 100 milioni di profili. L’obiettivo? Semplice ma allo stesso tempo all’avanguardia: misurare il livello di odio dei nostri social. In particolare si guarda alla Legge di Godwin, avvocato statunitense che negli anni Novanta ha formalizzato questa teoria secondo la quale le dinamiche dei commenti sulle bacheche virtuali sono portate per forza a degenerare, a snaturarsi, a guardare all’eccesso, all’estremo. In poche parole: basta che una discussione online sia sufficientemente lunga che verrà chiamato in causa il nazismo oppure Hitler.
La legge di Godwin nel pratico
“La legge di per sé è al limite dell’ovvio. In una stanza che si affolla di persone, le probabilità che si incontri qualcuno esacerbato diventa certezza su base statistica – ha spiegato ai microfoni di Repubblica Matteo Cinelli, il curatore del progetto ed esperto di ingegneria gestionale – Ciò che è meno evidente sono le modalità con cui la legge di Godwin tende a manifestarsi, ovvero se esistono delle molle precise e un tempo medio per la comparsa dell’accusa di nazismo, che è un termine con un valore semantico perfetto per uno scontro verbale da tastiera. Soprattutto se tali variabili cambiano secondo la piattaforma e l’argomento. Studiare una tale dinamica speriamo possa portare ad avere un metro accurato per misurare il livello di tossicità di singoli social network”.
Che sia quindi un gruppo di giochi o di gambling, i cui numeri sono incredibilmente in aumento, o che si parli di sport o di cibo, i due argomenti che, stando alle indagini di mercato, raccolgono le più alte interazioni tra gli utenti, la tossicità verrà a galla. L’obiettivo del progetto dell’Università romana è capire la ricorrenza di certe parole e il tempo necessario alla loro comparsa, in maniera tale da capire se un social è più “odioso” degli altri. Facebook, Twitter, Instagram, TikTok ma anche Reddit, YouTube, Gab, tutti sul banco degli imputati. Vediamo chi la scamperà, alla fine.