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Per festeggiare i 120 anni dalla sua nascita, il brand Lucano ha creato un connubio perfetto fra tradizione e innovazione. Con la conferenza di ieri la famiglia Vena ha lanciato una nuova selezione di prodotti dal nome “7 stelle”, per richiamare alla mente del pubblico il testimonial d’eccezione di questa campagna: Bruno Barbieri, lo chef italiano con più stelle Michelin (7 per l’appunto).

Noi di Blog di Lifestyle siamo riuscite a strappare un’intervista lampo a questo grande nome della cucina italiana. Sentite – o meglio leggete – che cosa ci ha detto.

Che rapporto ha Bruno Barbieri con la sua terra d’origine e quanto l’Emilia ha influito sul suo concept di cucina?
Bhè, è chiaro che la mia terra di origine ha influito molto sul mio modo di fare e di vedere la cucina. E questo non solo per quanto riguarda la storia della mia famiglia – ricordo in particolare il legame profondo con mia nonna – ma anche per quanto riguarda la regione, il territorio. Sin da bambino la mia idea di cucina respira quest’aria della mia terra natale, della mia famiglia. Una cosa che ci tengo a sottolineare è il fatto che io non dimentico da dove arrivo, da dove sono partito. Questo è importante perchè poi uno arriva nel mondo della televisione, del cinema, e molto spesso il passato, la propria origine, tende a dimenticata. Però io faccio tutt’altro, faccio il cuoco, e non mi sono dimenticato, non posso dimenticarmi da dove vengo e da dove è partito il mio lavoro e la mia passione per la cucina.

Parliamo di Masterchef. Lei ha lavorato sia con la categoria “senior” che con la “junior”. Quale delle due preferisce? Che differenze ci sono fra le due?

Sono due cose diverse. Sinceramente in junior Masterchef mi sono un po’ rivisto: io alla loro età – otto, nove anni – ero così, avevo voglia di scoprire, di trovare, di inventare, avevo già questo sentimento gastronomico che mi avvolgeva e sentivo che mi cambiava giorno dopo giorno. Fra le due categorie un po’ di differenza è normale che ci sia. Nel Masterchef quello “per adulti” arrivano comunque uomini e donne che hanno già un’età, che cercano probabilmente quella parte di televisione, quel momento di celebrità tanto desiderato. I ragazzini invece sono diversi: la cosa incredibile che li caratterizza e che quanto tu gli dici una cosa, un secondo dopo loro hanno già capito e l’hanno già memorizzata. Se tu, ad esempio, durante un assaggio gli suggerisci la ricerca della centralità nella composizione e il fatto che il piatto debba essere verticale anzichè orizzontale, il piatto dopo è già impiattato perfettamente.

In un certo qual senso poi è anche più facile lavorare con i questi giovanissimi talenti, che hanno il cervello pulito, libero da tutta una serie di contaminazioni. Contaminazioni non solo gastronomiche, ma anche televisive: è innegabile che Masterchef sia un programma che ormai tutti conoscono, quindi è chiaro che chi vince diventerà poi una star. In questo senso gli adulti sono molto competitivi, magari meno aperti e disposti ad imparare a migliorare e migliorarsi. I ragazzi invece sono liberi da tutte queste logiche: si divertono, giocano, sperimentano, imparano ad amare sin da giovani tutta una serie di prodotti gastronomici che magari non conoscono. Mi viene a proposito in mente quella volta in cui – mentre mi trovavo a Londra – mi è capitato un episodio che mi ha lasciato senza parole: ero in un supermercato a fare la spesa e ho notato un ragazzino che, prendendo in mano un pollo, ha chiesto alla madre che cosa fosse quell’alimento. Queste cose chiaramente in Italia non succedono, ed è solo un fattore positivo perchè indica che i ragazzi, fin da piccoli, vengono educati alla cultura del cibo e all’apprezzamento dei nostri prodotti gastronomici.

A cura di Valentina Scillieri e Tatjana Ucci