È possibile vivere in un mondo del genere? No.
Non c’è un’altra risposta. Non ci sono scuse o giustificazioni. Non c’è un valido motivo del perché debbano accadere certe cose. Eppure accadono, e dinnanzi a tanta violenza, il mondo si spegne.
Prima la Francia, ora il Belgio. Come se le città fossero il centro di uno spaventoso tiro al bersaglio, di cui tutti ci sentiamo vittime.
In questo momento, non abbiamo altro modo per esprimere la nostra solidarietà e il nostro cordoglio per l’accaduto, se non tramite i social. Ed è lì che il mondo esprime il suo cordoglio.
“Bruxelles” – in tutte le lingue del mondo – è la parola più cliccata da ieri su Twitter, perché tanti sono coloro che anche attraverso un semplice post, hanno voluto esprimere la loro vicinanza al Belgio. “Pray for Brussels“, “Pray for Belgium“, “Je suis Bruxelles“, sono tra gli hashtag più cliccati da ieri, utilizzati decine di migliaia di volte dagli utenti.
L’immagine più condivisa è stata quella disegnata da Plantu, un vignettista francese del giornale LeMonde, esplicitamente legata agli attacchi che hanno colpito Parigi lo scorso anno: quello alla rivista Charlie Hebdo a gennaio e, la mattanza avvenuta nel centro della città a novembre.
Anche TinTin, personaggio dei cartoni animati, molto famoso in Belgio, è diventato protagonista di alcune immagini di solidarietà, in una delle quali il viso dell’omino è rigato da tre lacrime, ognuna di uno dei tre colori che rappresentano la bandiera belga: il nero, il giallo e il rosso.
Tra i punti di riferimento di Bruxelles che sono stati utilizzati per esprimere solidarietà sul social, ci sono l’Atomium – un edificio costruito nel 1958, sulla base di un modello atomico – e il Manneken Pis, una famosa statua di un bambino che urina.
Ma è dal cuore della città colpita, che viene lanciato il grido di solidarietà più forte: i marciapiedi ricoperti da scritte realizzate dagli abitanti col gesso, per omaggiare e ricordare le vittime.
Oltre ai messaggi dedicati alle vittime e alla città, sono tanti anche gli hashtag, come “Brussels lift”, “open house”, “open door”, “i want to help”, utilizzati per offrire aiuto e assistenza a coloro che sono rimasti intrappolati a causa del blocco delle reti di trasporto, in questa meravigliosa città diventata un teatro dell’orrore.
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