Prima dell’avvento delle Muppies, c’erano le cosiddette Yuppies, giovani professioniste urbane, dinamiche e ambiziose, che negli anni a cavallo tra gli ’80 e i ’90 popolavano i centri delle grandi capitali occidentali facendosi strada nel mondo della finanza, con fare cinico e materialista, sempre ossessionate dal successo e dai soldi.
È stata l’autrice Michelle Miller, nel tentativo di dare una definizione dei suoi personaggi, a coniare il termine Muppies, nato dalla contrazione di “millennials” (ovvero membri della generazione Y o del millennio) e l’ormai nota parola Yuppies: di età compresa tra i 22 e i 35 anni, queste giovani donne – altrettanto acculturate e ambiziose – hanno fatto tesoro della lezione impartita loro dalla crisi finanziaria e sono diventate molto meno materialiste di chi le ha precedute. Quello che le Muppies hanno compreso, infatti, è che il loro benessere è molto più importante dei loro guadagni.
Così, le Muppies sognano di lanciare le proprie start-up (che cambieranno il mondo), bevono caffè equo e solidale nelle loro tazze in materiale riciclato, sono contente di avere nuovi followers su Instagram, investono su Kickstarter e hanno ormai da lungo tempo abbandonato i taxi per Uber.
Nonostante adorino postare i propri selfie su Instagram e su tutte le altre reti social, sono comunque meno egoiste delle Yuppies venute prima di loro: credono, infatti, nell’economia collaborativa e s’impegnano strenuamente nella difesa dell’ambiente circostante. A testimonianza di tutto ciò, le Muppies preferiscono spesso mangiare prodotti biologici e locali piuttosto che assaporare del caviale importato: insomma, non è più l’epoca di giocare a fare le preziose. Forza Muppies.