Credits Nicola Righetti

Gaia Giordani è una professionista del Web.
Racconta del suo primo amore 2.0: il blog, a cui si è avvicinata per la prima volta ai tempi di Splinder, una delle prime piattaforme di blogging in Italia. Oggi Gaia ha reso la sua passione per il web, un lavoro: nel 2009 entra a far parte di Mondadori Digital come coordinatore del blog del settimanale Grazia. Nel 2010 diventa Web Content Manager del sito di Cosmopolitan in Hearst Magazines Italia.

Gaia Giordani si è raccontata a Blog di Lifestyle, in un’intervista esclusiva.

La tua città virtuale è Ottavia, ispirata ad una delle città immaginate da Italo Calvino,
della quale sembra averti affascinata il concetto di “città del futuro” al punto da farla divenire la residenza delle tue conoscenze 2.0.
Ma fuori dal web, chi è Gaia Giordani?

Sono una veronese trapiantata a Torino per amore, ma il mio cuore professionale batte da sempre a Milano. Ho iniziato più di dieci anni fa come copywriter: all’epoca nelle agenzie di pubblicità si lavorava molto ma nei tempi morti ci si annoiava da matti, non a caso in molti posti dove ho lavorato c’era il calcetto e delle stanze per fare la pennichella.
Nei momenti di veglia noi copy alimentavamo il blog, che all’epoca era un’avanguardia per pochi eletti capaci di masticare un minimo di html e personalizzare un template. Negli anni la Rete per me è diventata un mestiere e ha dato un senso alla specializzazione in WebContent Writing presa allo IED nei primi anni Duemila. Ovviamente farne un lavoro ha richiesto tanta formazione, pratica sul campo e apertura mentale: non è un mestiere per “vecchi dentro”.

Aldilà delle competenze necessarie per abitare il web, delle quali parli nel tuo blog, cosa pensi dell’approccio generale che gli utenti hanno nei confronti della Rete?

I social media hanno avvicinato molte persone alla Rete, rinchiudendole nel microcosmo di Facebook, Twitter, Instagram. Per fortuna (dal mio punto di vista) i social stanno diventando sempre più una porta d’ingresso verso altri mondi, verso contenuti e conoscenze.
Fino a vent’anni fa saziare le nostre curiosità era molto più difficile: da addetta ai lavori mi rincuora vedere mia madre con un iPad tra le mani cercare informazioni sulle cose che la appassionano, dall’altra sono molto perplessa dalla qualità scadente di certi contenuti riconosciuti come autorevoli solo perché diventano virali. Su questo fronte mi schiero dalla parte dell’algoritmo dei motori di ricerca, che lascia emergere i contenuti di qualità.

Dal 18 giugno è possibile leggere il tuo primo romanzo “Sei proprio una scema”.
La protagonista è una trentenne precaria che lotta con le vicissitudini di una grande città, e con un amante di quelli “ci sono-non ci sono” che non rendono di certo la vita più stabile.
Cosa consigli alle donne che si cullano in rapporti come questo?

Scappate più velocemente possibile.

Sei proprio una scema COVER

Ti chiedo di salutare i nostri lettori rispondendo ad un’ultima considerazione: apparteniamo ad una generazione alla quale, esattamente come quella raccontata nel tuo romanzo, non è permesso sognare, ma giocare sì. Come si fa a difendersi, senza infrangere le regole del gioco?

L’amore è un gioco senza regole.
In passato ricordo di aver mollato uno dei vari stronzi via mail, usando come oggetto il titolo di un libro di Cortazar, uno dei miei preferiti, che si chiama “Fine del gioco”.
Quello stronzo mi rispose cambiando il titolo in “Il gioco è la vita”. All’epoca mi sembrava una stupidaggine, ma molti anni dopo mi tocca dargli ragione.
A parte il risvolto sentimentale, il romanzo parla delle insicurezze di una generazione: per difendersi dal precariato, dalle frustrazioni, dalla sindrome del futuro corto (o inesistente) bisogna farsi venire qualche idea, pensare fuori dalla scatola. La protagonista prova a prendersi quello che, dal suo punto di vista, le spetta di diritto: la felicità, l’amore ricambiato, uno scampolo di serenità.
Lo fa con ogni mezzo, anche poco ortodosso, tipo strofinare lo spazzolino dello Stronzo nella tazza del water per vendicarsi delle sue disattenzioni.

Ecco, voi non fatelo, mi raccomando.