“Certo che sei pieno di tatuaggi, ma quando invecchi poi come fai?”
Chiunque abbia sulla pelle almeno un tatuaggio, una volta nella vita si è sentito fare questa domanda.
Secondo l’Istituto di Ricerca Harris, ad oggi, negli Stati Uniti un adulto su cinque ha un tatuaggio, il 16% in più della popolazione rispetto al 2013.
A stupire maggiormente sarà senz’altro sapere che, per la prima volta nella storia, le donne tatuate sono in leggera maggioranza rispetto gli uomini. Inoltre l’86% degli intervistati ha affermato di non essersi mai pentito dei propri tatuaggi.
L’arte di ornare il proprio corpo attraverso i tatuaggi ha accompagnato l’essere umano per gran parte della sua esistenza (ci sarà un motivo?).
Ma ancora oggi, in Italia e nel mondo, i tatuaggi vengono visti come segno di ribellione. Con il conseguente atteggiamento di rifiuto da parte di chi sembra proprio non volerli apprezzare.
Siamo ben lontani dal riuscire a non suscitare scalpore mostrando un corpo tatuato. Nonostante, ormai, si può tranquillamente affermare che apparteniamo ad una generazione in cui le persone non tatuate sono senza dubbio in netta minoranza rispetto a quelle che, invece, hanno almeno un tatuaggio sul loro corpo.
E non si tratta affatto di ribellione. Bensì di espressione di sé.
Chi porta sul proprio corpo dei tatuaggi li mostra con orgoglio, anche quando la pelle inizia a cedere, e i colori dei propri tattoo sono ormai sbiaditi. E nel frattempo che qualcuno si domanda cosa faremo da vecchi dei nostri corpi tatuati, qualcun altro continua a scrivere la sua storia sul proprio corpo, incurante degli anni che passano, orgoglioso si mostrarsi così, diverso.
Una cosa è certa: quando poi invecchi ci sarà ben poco da fare, i tuoi tatuaggi invecchiano con te, quindi è bene pensarci prima.