Partire è necessario, emozionante, formativo. Partire dovrebbe essere un piacere, una scelta ma spesso diventa anche un bisogno, un’imposizione. Capita quando non si riesce a trovare lavoro o quando non si riesce a vedere un futuro nel proprio Paese. Ci vuole coraggio a lasciare tutto e iniziare una nuova vita, in un nuovo Paese, con nuove persone. La casa da cercare, il lavoro per pagarsela, le varie spese, le nuove amicizie.
A volte è semplicemente questo quello di cui abbiamo bisogno: fare la valigia e chiuderci alle spalle una porta, nella speranza che dinanzi a noi si apra un portone ricco di opportunità.

Il grande salto, insieme ad altri ragazzi italiani, l’ha fatto Ilaria Gianfagna, una ragazza del nord Italia, che un bel giorno ha deciso di prendere l’aereo per l’Australia ed Approdare a Melbourne, dove ha fondato Just Australia (www.justaustralia.it), un info point gratuito per chi si trasferisce dall’altro lato del mondo.

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Sono circa 16 mila l’anno gli italiani con il visto vacanza-lavoro (working holiday visa, durata 1 anno con la possibilità di rinnovarlo di un altro anno a patto di lavorare 88 giorni nelle fattorie, le cosiddette farm, quindi prestare lavoro agricolo) che possono richiedere solo i ragazzi al di sotto dei 31 anni. Superata la soglia d’età dei 31, se si ha tanta voglia di studiare o fare corsi d’inglese si può comunque richiedere uno student visa, ovvero un visto studio, che dà un permesso di lavoro part time. Sono circa 2000 gli italiani che ogni hanno la richiedono. Mentre in 600 l’anno riescono ad ottenere la residenza permanente.

Ilaria ha deciso di raccontarsi a Blog di Lifestyle, di parlare del suo progetto e di dare anche dei consigli a chi, come lei, ha voglia di fare un biglietto aereo, andata senza ritorno. Almeno per il momento.

Ciao Ilaria, avrei potuto anticipare la tua storia ma vorrei che lo facessi tu, quindi come prima cosa come ti presenteresti ai nostri lettori?

Ho 35 anni, vengo da Udine, dove lavoravo come giornalista e ho sempre vissuto un po’ in Italia e un po’ all’estero, per un paio d’anni in Inghilterra, quasi un anno in Spagna e poi sono arrivata a Melbourne, dove ho frequentato un master (sempre in comunicazione) alla University of Melbourne. Il progetto Just Australia, riguarda anche Stefano, anche lui 34 anni originario di Udine, viene dal mondo dell’imprenditoria e ha gestito prima alcuni ristoranti e poi un’azienda di organizzazione di eventi.

Perché andar via dall’Italia?

Per la voglia di cambiare vita. Non sono partita con la rabbia dentro, come succede a molti italiani insoddisfatti dell’economia italiana, sono partita felice, per il semplice motivo di fare un’esperienza diversa. Molto diversa. Tra le mete possibili c’era anche l’Inghilterra (mi piace parlare inglese e cercare di migliorarlo costantemente) ma alla fine anche l’Inghilterra è pur sempre Europa, quindi ho pensato che era tempo di un cambiamento radicale.

Perché scegliere Melbourne, e l’Australia?

L’idea è nata insieme a Stefano, che aveva già alcuni contatti di lavoro in Australia e c’era già stato alcune volte. Io invece non avevo idea di cosa mi aspettasse e volevo partire con un obiettivo ben preciso, mi ero sempre un po’ pentita di non aver fatto un master dopo l’università, così ho pensato che fosse il momento giusto per rimettersi sui libri e iniziare la mia nuova vita studiando in inglese, per integrarmi al meglio nella cultura australiana. E così è stato.

Una bella mattina ti sei svegliata in Australia quindi. Qual è stata la prima cosa che hai fatto?

Ho fatto colazione in un bar chiamato “Breakfast Club” con pane tostato e avocado (qui l’avocado è come il pomodoro da noi) e subito ho notato la gentilezza degli australiani, persino al bar i camerieri sono felici, ti sorridono, ti chiedono da dove vieni, amano chiacchierare. All’inizio mi sembrava così strano parlare con gli sconosciuti e condividere un pezzo di giornata e di vita, adesso fa parte della mia quotidianità scambiare ogni giorno quattro chiacchiere con persone diverse, per il semplice gusto di parlare, senza secondi fini. Così si creano nuove amicizie e nuovi contatti di lavoro, magari al bar o sul tram. Poi naturalmente ho fatto un giro della città (che è enorme e si sviluppa praticamente tutta in orizzontale, a parte il distretto economico centrale che è un susseguirsi di grattacieli). Mi è piaciuta subito, c’era il sole e una bella atmosfera, artisti di strada, sorrisi, tutto ordinato, tanto verde pubblico e poco traffico (nonostante sia una città da più di 4 milioni di abitanti), persone da tutto il mondo, ristoranti di ogni tipo. Insomma una delle città più multietniche che avessi mai visto.

Cosa facevi a Udine, la tua città prima di trasferirti?

Lavoravo come giornalista free lance per varie testate, tra cui il Messaggero Veneto (il quotidiano di Udine) il sito Udinetoday e il canale sportivo Udinese Channel. In più mi occupavo di uffici stampa. Avevo un lavoro, una macchina, tanti amici, la mia famiglia, insomma dopo qualche anno di gavetta dal punto di vista lavorativo, tutto procedeva per il verso giusto, ero felice, ma mancava qualcosa, avevo voglia di scoprire qualcosa di nuovo. E forse la routine mi aveva un po’ annoiato. Mi sembrava tutto uguale e avevo voglia di mettermi alla prova.

Qual è stata la cosa che ti ha fatto dire “ora basta. Parto”?

Ho fatto domanda a vari master in giro per l’Europa e quello a Melbourne. Ero stata accettata anche ad un master di giornalismo a Londra, ma non so nemmeno io perché alla fine ho rinunciato a quel posto, sperando che mi prendessero in Australia. Ma la risposta dalla University of Melbourne non arrivava mai, così mi sono detta “parto lo stesso”. E sono partita.

Cosa ti manca dell’Italia?

Tutto. L’aperitivo con gli amici, il pranzo della domenica con la mia famiglia, il caffè al sole circondata da edifici storici, il ciotolato per strada, le travi a vista della mia vecchia casa, il prosciutto, gli agriturismi. Tutto ciò che in qualche modo è legato ad un momento conviviale con i miei amici e con la mia famiglia. La pizza e il caffè invece non mi mancano per nulla. Melbourne è la capitale della ristorazione, ogni anno esce un articolo sul migliore caffè al mondo e la migliore pizza al mondo che si trovano proprio a Melbourne. Ed è vero. Mi manca semplicemente la bellezza dell’Italia.

Parliamo del tuo, anzi vostro progetto: Just Australia. Di che si tratta?

Just Australia è principalmente due cose: un infopoint gratuito a Melbourne, dove tutte gli italiani (e non solo) che hanno bisogno di assistenza possono passare e chiederci aiuto e consigli su lavoro, casa, burocrazia. E poi è un’agenzia educativa, quindi aiuta le persone a realizzare percorsi di studio e di lavoro, per progettare una nuova vita in Australia. Il servizio è totalmente gratuito, perché siamo convenzionati con una serie di scuole e istituti in tutta l’Australia e quindi retribuiti dalle scuole che rappresentiamo. Siamo specializzati in corsi d’inglese e diplomi professionali. Chi vuole infatti migliorare l’inglese o qualificarsi in Australia, se si affida a noi risparmia e ha un servizio completamente gratuito in italiano. Just Australia, infatti, offre prezzi promozionali agli studenti, che se invece si iscrivessero direttamente nelle scuole pagherebbero di più. Le scuole, infatti, si sgravano di tutto il lavoro di iscrizione e richiesta del visto studente, affidando questo compito alla agenzie con cui sono convenzionate. In più offriamo una serie di altri servizi: conto in banca, assicurazione sanitaria, assistenza nella ricerca del lavoro. In questi anni abbiamo sviluppato molti contatti e spesso le aziende ci chiamano quando hanno bisogno di personale. Spesso si tratta di lavoro nella ristorazione, un settore in Australia molto in voga e anche ben retribuito. Infine lavoriamo a stretto contatto con uno studio di migration agent, a cui indirizziamo tutte le persone che hanno bisogno di assistenza per tutti gli altri visti che non siano student visa o working holiday visa. Questi ultimi spesso non richiedono una consulenza da parte di un avvocato specializzato in immigrazione. Partire in Australia (e rimanerci non è facile) e c’è bisogno di un buon livello d’inglese, qualifiche ed esperienze nel proprio settore, che spesso devono essere riconosciute o effettuate qui in Australia. Per questo, spesso, è utile consultare un migration agent per capire quali sono le reali opportunità in Australia, a seconda del caso specifico. Il primo step è sempre quello di migliorare la lingua, perché per ottenere altri visti di lavoro (sponsor o visti permanenti) è necessario superare un test d’inglese.

Qual è la differenza più evidente tra Italia e “resto del mondo” e tra Italia e Australia in particolare?

L’Italia è un paese meraviglioso e molto amato dagli australiani. Tutte le persone che conosco qui trascorrono spesso e volentieri un paio di mesi tra l’Italia e l’Europa, per motivi vacanza, per lavoro, per visitare i parenti (la comunità italiana e di origini italiane in Australia è davvero numerosa, pare che ci siano circa 2 milioni di persone di discendenza o nascita italiana). Essere italiani e vivere in Australia spesso significa essere molto apprezzati per la lingua, cultura e naturalmente per il cibo italiano, che qui va per la maggiore. Quindi da un lato non ci si sente così lontani da casa. L’Australia si differenzia perché è veramente la terra delle opportunità, dove si può fare carriera e si può realizzare i propri sogni, cosa che forse in Italia in questo momento è un po’ più difficile. Inoltre vivere in Australia significa vivere in un continente estremamente multietnico che ti spinge ad essere molto più aperto mentalmente e a dimenticare quel pregiudizio e pettegolezzo tipico italiano. Saranno due anni che non parlo male di nessuno! Ai miei amici australiani non piace criticare gli altri. L’Italia da questo punto di vista forse è un po’ più chiusa e limitata purtroppo e io stesso ero molto più “bigotta” quando vivevo in Italia. E poi gli australiani sono sempre sorridenti e cordiali, sai quante volte mi è successo di vedere portafogli e cellulari persi e caduti e sempre ritrovati? Qui è normale vedere uno sconosciuto che raccoglie il tuo portafoglio e te lo restituisce sorridendo. O se un senzatetto non ha soldi per pagarsi un caffè o un pasto c’è sempre qualcuno che gli paga la spesa o gli compra un panino e glielo regala. Le organizzazioni no-profit in Australia danno lavoro a più di 30 mila persone, qui il volontariato e l’assistenza sociale sono considerati a tutti gli effetti parte integrante della quotidianità.

Tra l’Italia e il resto del mondo non saprei, alla fine da qui mi sembra che l’Italia abbia molto in comune con tutti i paesi europei, quando parlo con uno spagnolo, un tedesco o un francese, mi sento a casa, ci capiamo al volo e parliamo dei luoghi visitati in Europa e del cibo che abbiamo mangiato. Prima non avrei mai pensato di avere così tante cose in comune con i tedeschi ad esempio.

Quale consiglio ti senti di dare ai giovani italiani?

Sicuramente mi viene da dire: “se puoi, parti”, ma non perché l’Italia è un paese da cui scappare, semplicemente perché vivere all’estero è molto formativo, ti cambia come persona, ti arricchisce. Non è facile come sembra: la lingua, la cultura diversa, la lontananza possono scoraggiarti e forse non è necessario trasferirsi definitivamente all’estero, può essere anche solo una bella esperienza temporanea, ma che vale la pena di vivere proprio per aprire i nostri orizzonti e scoprire anche qualcosa di più di se stessi, a cui forse nella quotidianità e nella routine di tutti i giorni non si fa neanche caso.

Chiudiamo con un’ultima domanda che tutti vorrebbero fare. Quali caratteristiche servono per avere successo all’estero?

Devo dire la verità anche per me è stato molto difficile all’inizio, nonostante avessi già un livello d’inglese molto alto. E anche per Stefano, entrambi ci siamo fidati delle persone sbagliate e ci siamo scoraggiati più volte, senza però mollare mai, che forse è la chiave del successo all’estero. Poi è fondamentale migliorare la lingua. L’inglese che impariamo a scuola non è sufficiente e poi se l’obiettivo è l’Australia, l’australiano è piuttosto difficile da capire (almeno per le prime settimane o mesi, fino a quando non si fa l’orecchio). Quindi un po’ perché è il mio lavoro e un po’ perché io per prima ho fatto decine di corsi d’inglese (e credo che questo sia uno dei motivi per cui sono qui) consiglio sempre di iniziare la propria esperienza con un corso d’inglese anche breve (o della lingua del posto in generale) per integrarsi il più velocemente possibile, conoscere a scuola nuovi amici nella stessa situazione. Spesso si pensa di poterlo imparare sul lavoro, ma a volte proprio quando il livello d’inglese è ancora intermedio è molto difficile trovare lavori ben retribuiti. E poi forse il sapersi reinventare. Quando non è possibile svolgere il proprio lavoro (qui in Australia non è facile tra visti, riconoscimenti delle qualificazioni e dell’esperienza) forse c’è qualcos’altro in cui siamo bravi, semplicemente non lo sapevamo ancora.