La città della gioia di Dominique Lapierre, romanzo del 1985.
Devo dire che per anni ho visto questo libro negli scaffali ma non mi ci sono mai avvicinata.
Pensavo fosse una storia noiosa di un dottore europeo che si reca in India per studiare.
Mi sbagliavo di grosso.
Dominique Lapierre racconta la città della gioia
Calcutta è un intreccio di suoni, colori, di caos e di caste sociali.
E’ famosa la bidonville Anand Nagar, che per l’appunto da il nome al libro, per essere uno dei luoghi più poveri in assoluto.
Tutto inizia con un viaggio: il contadino Hasari Pal e la sua famiglia attendono il monsone. Dopo questa lunga e terribile attesa, rendendosi conto che sarà un altro anno di carestia partono per la città.
E’ decisamente diversa da come la immaginavano, ma soprattutto Hasari credeva che trovare lavoro sarebbe stato abbastanza facile.
Il “miracolo” per Hasari si presenta sotto due forme: un risciò e Anand Nagar.
Paul Lambert è un missionario francese che ha deciso di vivere la sua vocazione tra i più poveri dei poveri e quale miglior luogo di una bidonville per imparare cosa vuol dire davvero amare il prossimo?
Anand Nagar: la città della gioia
Quello che colpisce Paul all’arrivo nella bidonville è la gioia: sono tutti amici, fratelli, si preoccupano l’uno dell’altro, si aiutano a vicenda, dividono quel poco che hanno. “Solo un povero può aver bisogno di un altro povero”.
La fede è incredibile: sono tutti sicurissimi che i loro dei li aiuteranno, che non li abbandoneranno mai ed ogni occasione è buona per festeggiare anche se la miseria è assoluta.
La gratitudine: tutti coloro che si recano in India per aiutare i poveri sono emissari degli dei, sono benedetti e profondamente rispettati perché se c’è una cosa sacra in India è proprio l’aiuto ai poveri.
Penso di aver detto abbastanza e di non aver detto nulla su questo libro che è universo parallelo, soprattutto per noi e la nostra società.
Lasciate perdere il film, non c’entra nulla. Leggete il libro, vi aprirà gli occhi su tante cose.
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