E alla fine anche i fotografi hanno le scatole piene. Di cosa? Ma di tutti noi comuni homo sapiens, perpetuamente armati di tablet e smartphone. La denuncia arriva da Thomas Stewart, un fotografo che si occupa di cerimonie e di matrimoni, il quale ha dichiarato di non poterne più di ospiti stalker tra i piedi mentre è intento a svolgere il proprio lavoro.
Pare che per chi scatta foto per professione sia diventato davvero difficile riuscire ad immortalare la sposa nel suo ingresso in chiesa, oppure catturare l’immagine dei due novelli sposini durante il lancio del riso.
Sfogandosi il fotografo ha affermato di aver partecipato a un matrimonio nel quale lo sposo ha dovuto addirittura sporgersi per vedere la sua bella arrivare all’altare, poiché la navata centrale era piena di amici e parenti armati di fotocamere e cellulari.
Ma perché tutto questo? Perché cimentarsi in un’attività approssimativa, fastidiosa e non retribuita? Se gli sposi hanno deciso di pagare fotografi di professione per immortalare il grande giorno, perché insistere con l’uso smodato della tecnologia?
Purtroppo capisco perfettamente cosa possa spingere le persone a volere fotografare a tutti i costi, essendo io in prima persona a farlo continuamente non curandomi delle occasioni.
La verità è che il problema non riguarda la fotografia in prima istanza, ma il fatto che la nostra routine ci porta a vivere la quotidianità con lo smartphone in mano. Fotografare è la diretta conseguenza di questa pessima abitudine e la situazione peggiora oltremodo perché le foto finiscono per essere postate in rete, dal momento che tutta la nostra vita passa ormai per il filtro dei social. L’unica soluzione per vivere serenamente il proprio giorno è il Wedding Unplugged, ovvero il matrimonio nel quale sono gli sposi a vietare espressamente l’uso della tecnologia.