Normalità all’ordine del giorno in Medio Oriente, ma se succede in “casa nostra” allora è scandalo.
La storia di Thea, una bambina di 12 anni che annuncia sul suo sito web il suo matrimonio con un uomo di 37 anni, il prossimo 11 ottobre. Preparativi, foto dell’abito, della torta, sotto gli occhi di tutti.
In men che non si dica in Norvegia si scatenano polemiche di ogni tipo comprese segnalazioni alle forze dell’ordine.

L’obiettivo di questa campagna pubblicitaria, diventata ormai virale, è quello di aprire gli occhi e le menti su quello che succede nei Paesi culturalmente lontani del nostro. Perchè sono bambine anche loro. Perchè la vita di una bambina dello Yemen non vale meno di quella di una francese, inglese o italiana. Perchè non è giusto, e mai lo sarà, strappare violentemente l’infanzia ad una bambina.

La campagna, ideata per la Giornata Internazionale delle Bambine che cade proprio l’11 ottobre prossimo, scuote gli animi e pone l’attenzione su un tema tanto delicato ma a volte dimenticato da chi, come noi, vive di problemi futili quotidiani.

In Yemen, una bambina di 12 anni muore per un’emorragia interna dopo aver sposato un uomo di quasi trent’anni. La bambina è morta dissanguata dopo “una brutale aggressione sessuale”.

Sempre nello Yemen, Rawan di appena 8 anni muore durante la prima notte di nozze. Ripeto, 8 anni. Ad 8 anni le bambine dovrebbero giocare con le bambole e andare a scuola. Il loro compito, la loro vita dovrebbe essere quella. I problemi più grandi dei bambini di 8 anni devono essere i bisticci con le amichette a scuola e il rimprovero dei genitori per una marachella. Le violenze sessuali, un marito burbero e maschilista non dovrebbero neanche sapere cosa sono.

Rubina, sposa-bambina del Bangladesh, ha preferito la morte ad una vita condannata. Suicida a 12 anni per sfuggire a quel marito “ricco”, questa estate ha deciso di impiccarsi con la sua sciarpa nel bagno della casa dei genitori che l’avevano consegnata a quell’uomo solo un mese e mezzo prima.

I problemi che si nascondono dietro queste vicende sono molteplici. I genitori pensavano che il matrimonio fosse per lei un riparo, una protezione. Sì perché mentre lei sbocciava, gli uomini e i ragazzi nel villaggio del Nord del Paese dove viveva, avevano cominciato a molestarla.

Nonostante la lotta del maestro di Rubina che ha tentato in tutti i modi di evitare quel matrimonio, così ingiusto, così precoce, la piccola non ha avuto scelte.

Il suicidio di Rubina è stata una sconfitta per tutti. Per la famiglia che cercava di proteggerla e che l’ha costretta ad appena 12 anni alle nozze. Per le donne che in Bangladesh, e purtroppo non solo lì, devono nascondere la loro femminilità appena abbozzata. Per quel professore testardo, e per la scuola intera che non è riuscita a salvare la bambina nonostante i progetti contro l’abbandono. Per le associazioni (come Terre des Hommes) che portano avanti campagne di informazione sulla tratta delle spose bambine che finiscono nei bordelli delle città, oppure sfruttate nelle fabbriche della capitale.

Bambini non protetti dai genitori, non protetti dallo Stato, non protetti dalle Leggi.
Bambine costrette a crescere troppo in fretta, a non vedere l’infanzia, a vivere nella paura di crescere e di arrivare a quel giorno in cui per pochi soldi verranno VENDUTE a mariti ricchi, che non si prenderanno cura di loro, ma che pretenderanno solo sottomissione.

Nel mondo si stima che siano celebrati ogni anno 14 milioni di matrimoni con ragazze al di sotto dei 18 anni e ogni giorno 20 mila ragazze sotto i 20 anni danno alla luce un bambino diventando baby mamme. Al di sotto dei 15 anni il rischio di complicazioni per la gravidanza e il parto è cinque volte di quello di una donna di 20 anni.

Non possiamo più permettere che questo accada ancora. Non possiamo permettere che bambine di 8, 9, 15 anni conoscano la violenza, conoscano il dolore, fisico e non, conoscano l’umiliazione. Non possiamo permettere che le nostre figlie crescano nella paura di diventare donne. I bambini devono sentirsi protetti. E spetta a noi proteggerli.