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Vi siete mai chiesti perché quando posiamo per una fotografia sorridiamo? È un uso abbastanza recente, scoperto da uno studio condotto dall’Università di Berkeley, in California, chiamato “A Century of Portraits: A Visual Historical Record of American High School Yearbooks“, ossia “Un secolo di ritratti: un registro visuale degli annuari degli istituti statunitensi”.

Questa abitudine di sorridere mentre si sta in posa per uno scatto è stata studiata attraverso 38 mila immagini -tutte frontali- prese dagli annuari degli istituti degli Usa -sugli 800 album fotografici di 26 stati differenti degli Stati dell’America del nord- di circa un secolo.

Dopo aver analizzato tutti questi dati fotografici, gli studiosi dell’Università californiana sono arrivati ad una conclusione: un tempo, precisamente nei primi decenni del ventesimo secolo, la gente sorrideva molto meno quando si trovava davanti all’obiettivo di una macchina fotografica, che fosse professionale o meno.

La ragione di questa apparente “tristezza” è collegata ad un fenomeno molto importante di quegli anni: la nascita della fotografia. Con l’avvio di questa nuova professione, i fotografi avevano bisogno di soggetti che stessero fermi in posa -come se si trattasse di un quadro- per un maggior lasso di tempo in modo che l’immagine non fosse troppo mossa o sfocata.
Per facilitarsi il compito i soggetti fotografati avevano l’abitudine di pronunciare una parola mentre si stava in posa: non cheese -formaggio- come siamo soliti fare adesso, ma prunes -prugne. Il motivo di ciò aveva a che fare con gli standard di bellezza del tempo che volevano che la bocca, nelle fotografie, rimanesse il più chiusa possibile: solo dicendo prunes si otteneva l’effetto desiderato.

Non solo la fotografia, ma anche la pubblicità ha giocato un ruolo fondamentale in questo cambiamento nei secoli. In particolare la Kodak, compagnia fotografica ancora molto famosa, ha iniziato a promuovere un’idea originale e molto veritiera: sorridere nelle fotografie aiutava ad avere ricordi più felici rispetto ad uno scatto di soggetto con un’espressione neutra o -peggio ancora- triste.

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