Chernobyl è stata una pagina molto tragica della storia.

Dopo l’esplosione della centrale nucleare, avvenuta il 26 aprile 1986 in Ucraina, l’Italia fu uno dei paesi europei maggiormente colpiti dalla nube radioattiva. Nonostante la distanza geografica, gli effetti dell’incidente si fecero sentire in diverse regioni italiane.

Nelle settimane successive al disastro, si diffuse una forte preoccupazione e paura nella popolazione italiana. Le autorità iniziarono a monitorare attentamente i livelli di radioattività e a fornire indicazioni sulla sicurezza alimentare.

Furono inoltre emessi divieti temporanei di consumo di alcuni alimenti.

In tutto questo c’è un “ma”. Il governo ad un certo punto decise che era tempo di voltare pagina e provò ad insabbiare il disastro nucleare tramite la Rai: voleva infatti che in tv si dicesse che l’allarme era finito.

Quella volta che il governo italiano cercò di insabbiare Chernobyl

Federico Fazzuoli è stato un volto noto della Rai, ha infatti condotto Linea Verde dal 1981 al 1993.

Durante un’intervista per Fanpage ha rivelato: “Ci furono pressioni politiche per rassicurare gli italiani. Il governo si poneva il problema dei danni all’economia, riteneva che dovessimo ricominciare” da qui l’idea di divulgare attraverso i mass media la notizia che l’allarme era stato ritirato. Ma non era vero.

“Il problema era che non c’erano dati attendibili. Incaricai due ingegneri nucleari di dirmi come stessero le cose. Mi affidai ai loro dati che dicevano che l’emergenza non era finita ma i ministri a cui si rivolse non ne vollero sapere, né tanto meno il governo (Craxi presidente del consiglio e Giuliano Amato sottosegretario alla presidenza del consiglio).

Fu il direttore di Rai1, Emmanuele Milano, a perorare la sua causa e a dirgli “Vai avanti. Adesso pensiamo alla gente. Al potere ci penseremo dopo”.

Quali furono le conseguenze di Chernobyl in Italia?

Per chi non c’era, o non si ricorda, l’Italia fu investita da una nube radioattiva che colpì soprattutto Piemonte, Lombardia e Veneto.

Ci furono anche restrizioni sul pascolo del bestiame e sulla commercializzazione di prodotti lattiero-caseari.

Vennero riscontrati elevati livelli di radioattività in latte, verdure, funghi e altri alimenti provenienti da queste zone.

Furono misurati alti livelli di cesio-137 e iodio-131 e pertanto furono emanati divieti per il consumo di questi alimenti.

Sul piano sanitario, non si registrarono effetti immediati gravi sulla popolazione italiana. Tuttavia, negli anni successivi si osservò un leggero aumento dell’incidenza di alcuni tipi di tumori, in particolare alla tiroide nei bambini. Questo fenomeno fu attribuito all’assunzione di iodio radioattivo attraverso l’ingestione di alimenti contaminati.

Diversi studi epidemiologici hanno riscontrato un incremento di altre forme di cancro, come leucemie e tumori solidi, attribuibili all’esposizione a basse dosi di radiazioni.

Vennero segnalati anche casi di patologie non cancerose, come disfunzioni della tiroide e disturbi cardiovascolari, legate all’esposizione radioattiva.