Crisi, carenza di lavoro, mancanza di prospettive sono tra le più valide ragioni che, da un bel po’ di tempo a questa parte, spingono sempre più italiani a fuggire all’estero, sperando di trovarvi erba più verde della nostra. Ma quella dei nostri cugini francesi lo sarà davvero?
Lo scopriremo seguendo le avventure di Svevo e Federico, i due trentenni protagonisti di Ritals, nuova web series ambientata a Parigi: nell’episodio pilota, apparso in rete un paio di mesi fa, i due espatriati si confrontano con uno delle più drammatiche privazioni cui si va incontro abbandonando il suolo natio, l’assenza del bidet.
Prendendo a prestito il titolo dall’appellativo dispregiativo che francesi e belgi solevano un tempo affibbiare agli immigrati provenienti dall’Italia, Federico Iarlori, caporedattore delle sezione italiana del sito francese Melty.it, e Svevo Moltrasio, sceneggiatore, regista e critico già da una decina d’anni, giocano con i più rinomati cliché sui francesi, senza mai smettere di fare ampia autoironia anche sui luoghi comuni che ci investono quando “gli altri” diventiamo noi.
In vista dell’imminente uscita del prossimo episodio, in onda a partire da domani 14 settembre, noi di Blog di Lifestyle abbiamo incontrato Svevo per scoprire qualcosa in più su questi due Ritals e per capire quanto ci sia da ridere e quanto da prendersi sul serio quando si va a vivere, da italiani, nella capitale più francese che ci sia.
A giudicare dalla complicità che si evince dalle immagini si direbbe che tu e Federico siate nati come coppia comica già nello Stivale. Com’è successo?
Invece no, io e Federico ci siamo conosciuti a Parigi. Tre anni fa credo, più o meno. Abbiamo lavorato per un periodo in un call-center a Parigi: facevamo chiamate in italiano in Italia. D’altronde tutta l’équipe di Ritals viene da quel call-center, ci siamo conosciuti tutti lì.
L’idea di girare la serie, perciò, non vi è venuta a priori, ma deve essere sorta in itinere: cosa vi ha dato l’ispirazione?
Oddio l’ispirazione viene da molto lontano. Intanto dal quotidiano: qui, io, noi amici italiani a Parigi, passiamo tutto il tempo a sottolineare le differenze tra l’Italia e la Francia, tra gli italiani e i francesi. Continuamente, anche con i francesi, tanto da portarli allo sfinimento. Quindi, l’idea di raccontare tutte queste differenze c’è quasi da sempre, da quando sono qui. Al livello artistico, diciamo che si tratta di un’esperienza che fa seguito a un mediometraggio, Intibah, realizzato un anno e mezzo fa e girato con la stessa squadra di Ritals. Ci siamo divertiti, c’è piaciuto il risultato, quindi abbiamo voluto ripetere l’esperienza, ma cercando ‘sta volta di farne un prodotto più “vendibile”.
Avendo già vocazioni ed esperienze di tipo artistico, com’è stato ritrovarsi all’estero a lavorare in un call-center?
Il call center non è stato troppo traumatico, affrontarlo qui ti porta a dire “Ok, è un lavoro di merda, ma io lo faccio perché qui non è casa mia“. E poi, ad esempio, mi ha permesso di scoprire l’atteggiamento diverso che hanno i francesi verso il lavoro: qualunque esso sia, c’è un rispetto diverso che da noi. Insomma, in Italia se lavori in un call-center sei un poveraccio, qui sei comunque qualcuno che si dà da fare.
Hanno tutta un’altra etica i cugini francesi. “Cugini”, poi, di quale grado? Stando alle parole di Cocteau, per citare qualcuno di autorevole, i francesi sono degli italiani di cattivo umore: insomma, è vero che questi francesi non hanno senso dell’umorismo? E, viceversa, sarà proprio il senso dell’umorismo a dare sollievo agli italiani?
Mah, francamente anche noi italiani siamo spessissimo di cattivo umore, io per primo. Diciamo che abbiamo un modo diverso di esprimere i nostri umori. Di certo, pur sapendo che sono generalizzazioni, hanno un senso dell’umorismo e un’ironia decisamente differente. Potremmo anche dire che non ce l’hanno per niente, possibile. Eppure ho visto francesi ridere! Noi, vuoi che ridiamo, che litighiamo o che semplicemente ci confrontiamo, abbiamo meno freni, meno strutture fisiche e verbali che facciano da filtro ai nostri sentimenti, questo mi sembra abbastanza evidente. L’ironia e soprattutto l’autoironia italiana sono qualità che andrebbero salvaguardate dall’Unesco.
La vostra web series gioca, in maniera evidente, sui luoghi comuni che abbiamo sui francesi per auspicabilmente smontarli e superarli: all’inverso, quali cliché i francesi dovrebbero abbandonare nei nostri confronti?
In realtà, non per forza per smontarli, a volte sì, altre volte magari per confermarli e, di conseguenza, ironizzare sul nostro pregiudizio e sulla nostra incapacità ad accettare la diversità. Io penso che i cliché siano spesso discretamente veritieri. Che cliché hanno su di noi? Parliamo ad alta voce: vero. Siamo mammoni: sicuramente molto più di loro. Non siamo fatti per il lavoro: per come lo intendono loro, no, è vero. Facciamo sempre la commedia: vero. Insomma, non credo che debbano abbandonare i cliché, piuttosto dovrebbero conoscerci meglio, perché quello di cui mi sono reso conto è che la stragrande maggioranza dei francesi è terribilmente ignorante riguardo alla cultura, alla storia e all’attualità italiana. Ho sentito certe cose dai francesi sull’Italia che ci faremo un episodio, giusto per dirtene qualcuna: “Ah, ma perché a Roma ci sono ancora resti visibili della Roma antica?”; “Ma voi nel Mediterraneo avete zone di mare bello?”; “Ma voi coi secoli fate un conto diverso, tipo ve ne manca uno, per cui il XV secolo corrisponde al vostro XVI”.
A proposito di episodi, qualche anticipazione sul primo, che lunedì andrà in mondovisione?
Guarda posso dirti che ‘Il bidet’ l’avevamo messo online giusto per gli amici. Non c’aspettavamo un ritorno del genere. L’idea era di far cominciare la serie a inizio 2016. Questo successo c’ha costretto a cambiare strategia e accelerare i tempi. I prossimi tre episodi saranno evidentemente collegati tra loro per capire meglio chi sono i due personaggi e cosa ci fanno a Parigi. Perché oltre agli sketch puntiamo a raccontare anche una storia sui due protagonisti che si sviluppi di puntata in puntata.
Aspettiamo di scoprire quali saranno le altre avventure dei nostri eroi italo-francesi, allora. Vi auguriamo un grande in bocca al lupo, ché dopo questa lunga chiacchierata ti abbiamo già “ammorbato” abbastanza.
Ma sì, tranquilla, c’ho gli anticorpi: 6 anni a Parigi, voi mette!