Per gli amanti della musica leggera è, ormai da sessant’anni, una manifestazione a cui non si può rinunciare: il Festival di Sanremo, la vetrina della Canzone italiana, è stato un palco calcato da grandi nomi della nostra musica, talvolta ancora emergenti (basti pensare a Modugno, Gaber, Mina, Dalla), uno spettacolo che in anni addietro riusciva anche a lanciare novità artistiche di un certo rilievo.

Spessore e qualità sono andati via via perdendosi fino agli anni più recenti, arrivando persino a episodi di dubbio gusto come fu quello della – ahinoi – famosa “farfallina di Belen”: la musica in qualità di disciplina e di arte passa qui in secondo piano, cedendo piuttosto il passo a fenomeni di costume e pettegolezzi della peggior specie.

Componente essenziale della triade “Festa, farina e forca” per l’assuefazione delle coscienze, anche quest’anno l’evento sanremese non smentisce il solito basso livello da ritenersi, a questo punto, una consuetudine: tanti sforzi e tanto sfarzo per poi propinarci una messa in scena posticcia e prevedibile. In breve, l’abituale dose di trash.

Ma forse le ragioni di tanta scarsezza non risiedono nella decadenza esclusiva dei nostri tempi: durante l’edizione del 1967, Luigi Tenco si suicidava probabilmente disgustato dai criteri di giudizio della commissione; in quella del 1967 Ennio Flaviano scriveva a proposito del celebre spettacolo di non aver mai visto “niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato”; nel 1969 Dario Fo e Franca Rame addirittura istituivano un contro-festival per protestare contro l’annientamento dello spirito critico che un simile prodotto nazional-popolare poteva creare.

O tempora, o mores, certo: di fronte a personaggi come Carlo Conti o Emma Marrone, non possiamo fare a meno di pensare di essere vittime dello sfacelo culturale e morale della nostra società, di un intero popolo di spettatori disposti a sorbirsi uno show scadente per il capriccio di poterne parlar male a sipario ormai chiuso, per poter slegare le proprie lingue biforcute come cani da guardia. Un pubblico di inetti, incapaci di critica costruttiva e ignari, completamente ignari del fatto che la catarsi – quella vera – millenni fa era ben altra cosa.