Unione Europea e Stati Uniti sono impegnati ormai da tre anni a negoziare il cosiddetto TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), un accordo commerciale che prevede una zona di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico, al fine di diminuire al minimo in quest’area dazi doganali, cioè vincoli burocratici e restrizioni sugli investimenti.
L’accordo dovrebbe rendere più semplice per le imprese europee, l’esportazione di beni e servizi negli Stati Uniti (al momento difficoltosa a causa delle elevate tariffe doganali) e viceversa; nelle intenzioni dei negoziatori, dovrebbe fare da impulso per l’economia (con un aumento stimato dello 0,5% del Pil) e creare nuovi posti di lavoro, abbassando i prezzi per produttori e consumatori.
Numerosi sono i sindacati e le organizzazioni per la tutela ambientale che conducono manifestazioni di dissenso e proteste contro il TTIP, sotto vari aspetti. Infatti, secondo quanto rivelano alcuni documenti segreti diffusi da Greenpeace Olanda, il 2 maggio, il trattato metterebbe a rischio gli standard europei sull’ambiente e la salute, in particolare per quanto riguarda il cibo, i cosmetici, le telecomunicazioni, i pesticidi e l’agricoltura.
Queste critiche partono da una fondamentale premessa: il cibo europeo e quello americano non sono prodotti secondo gli stessi standard di sicurezza alimentare, benessere animale e rispetto dell’ambiente.
Ad esempio in Europa le gabbie da batteria per le galline ovaiole sono vietate dal 2012, così come dal 2006 l’utilizzo degli ormoni promotori della crescita degli animali allevati: negli Usa non esistono tali divieti.
Per quanto riguarda la salute dei consumatori, negli Stati Uniti sono vigenti, ancora, pratiche abolite in Europa da anni: il settore suinicolo statunitense usa ancora la ractopamina (già bandita in Cina, Russia e UE) che è nota per causare danni al cuore; i polli allevati in Usa vengono ancora disinfettati con antimicrobici chimici come il diossido di cloro. In Europa, invece, i trattamenti chimici sono vietati dal 1997.
Per non parlare degli Ogm. In Europa l’utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) è sottoposto a regole molto rigorose e procedure di autorizzazione complesse per la loro coltivazione e commercializzazione, al contrario degli Usa.
In Italia è, da anni, attiva la Campagna Stop Ttip Italia, secondo la quale il Trattato farebbe solo gli interessi delle multinazionali e lobby agroindustriali, a tutto danno dei lavoratori, delle piccole aziende e dei consumatori, costringendo gli europei, tra l’altro, a importare cibi di scarsa qualità e ad abbassare gli standard di tutela della salute.
La Coldiretti afferma: “no al falso Made in Italy”; la Coldiretti è preoccupata soprattutto che il falso Made in Italy prodotto negli Usa, arrivi sulle tavole degli italiani.
Il timore maggiore riguarda la tutela dei vini italiani, che potrebbero essere sostituiti da falsi Chianti o Marsala prodotti in California. Negli Usa, soprattutto attraverso la rete, è infatti possibile acquistare pseudo-vino ottenuto da polveri miracolose, i cosiddetti wine kit, che promettono di ottenere in pochi giorni vini prestigiosi come Barolo, Gewurztraminer, Lambrusco, Montepulciano.
Anche prodotti come i pomodori San Marzano, l’olio d’oliva, i salumi e i formaggi potrebbero essere facilmente taroccati.
Recentemente, a prendere una posizione netta sul Ttip è stata la Francia: “Allo stato attuale la Francia dice no all’accordo, perché non siamo per un libero scambio senza regole”, ha dichiarato senza mezze misure il presidente François Hollande.