La ricerca degli ingredienti privi di olio di palma è sempre più ardua. Ormai questo grasso vegetale di pessima qualità lo troviamo in ogni prodotto industriale, di marche molto famose anche. La soluzione migliore è sempre quella di auto prodursi in casa il più possibile, ma nell’odierna società risulta decisamente irrealizzabile, dati i molti impegni lavorativi e familiari. Dunque spesso finiamo al supermercato all’orario di chiusura mettendo nel nostro carrello della spesa tutto ciò che ci capita sottomano. “Biscotti per la colazione presi, brioche prese, Nutella non può mancare, taralli, crackers. Alla cassa”. Non ci fermiamo neanche a guardare gli ingredienti che diamo ai nostri figli o con cui ci nutriamo noi. In tutti questi prodotti, e in molti molti molti altri, c’è olio di palma, altrimenti nascosto dietro la scritta “grasso vegetale”.
Ultimamente, forse, se ne parla un po’ di più e questo è un bene, perché l’informazione è l’unica arma a disposizione del consumatore per tutelarsi e tutelare la sua salute.
Ma noi abbiamo voluto far parlare chi ne sa di più, una nutrizionista, la dott.ssa Fernanda Scala, che ci ha esposto tutte le conseguenze e i danni che l’olio di palma provoca al nostro organismo, a lungo andare.
“Quando si parla di olio di palma bisogna prima di tutto identificare la tipologia di cui si sta parlando. Esistono infatti tre tipologie di olio di palma: grezzo, palmisto e raffinato. Per quanto riguarda la tipologia grezza, questo viene estratto dai frutti della pianta, presenta una tipica colorazione rossa, dovuta all’elevata concentrazione di antiossidanti, nonché ricco in acidi grassi saturi che lo rendono solido a temperatura ambiente.
La tipologia palmisto deriva invece dai semi del frutto, di colorazione bianca ed anch’esso ricco in acidi grassi saturi. Infine la versione raffinata, quella maggiormente impiegata a livello industriale, viene ottenuta mediante specifiche lavorazioni industriali che lo rendono estremamente fluido e quindi simili ad altri oli di semi. Tuttavia durante queste lavorazioni quest’olio perde completamente le sue interessanti proprietà antiossidanti e caratteristiche organolettiche. Sebbene presenti un consistente quantitativo di acidi grassi, circa il 47%, con un apporto calorico pari a 884kcal per 100mL, al suo stato grezzo l’olio di palma non fa certamente male. Il problema è invece la forma raffinata, impiegata in moltissimi prodotti dell’industria alimentare, che aiutano a conferire croccantezza e cremosità a molti alimenti, preservandone inoltre il deterioramento. Sicuramente un suo consumo eccessivo lo può rendere dannoso per la salute, come anche altri grassi quali lo strutto o l’olio di cocco. Tuttavia negli ultimi tempi sono tante le ricerche mediche e scientifiche che si stanno conducendo per investigare gli effetti dell’olio di palma sul nostro organismo. Ed è proprio di recente pubblicazione uno studio made in Italy condotto da un gruppo di ricercatori dell’università di Bari che mostrerebbe come questo grasso, ed altri grassi nocivi, potrebbe agire a livello delle cellule beta del pancreas, quelle deputate alla produzione di insulina, distruggendole e favorendo quindi l’insorgenza del diabete di tipo 2. Solo ulteriori e dettagliati studi potranno o meno confermare questo dato. Intanto il consiglio è quello di scegliere un’alimentazione povera in grassi, non solo limitato unicamente all’olio di palma, imparando a leggere le etichette per portare in tavola alimenti salutari.”
I problemi causati da questo grasso non si limiterebbero certo ai rischi della salute, perchè la grandissima richiesta del mercato, sta depauperando i territori con le monoculture e la deforestazione: un grande impatto per gli ecosistemi locali e la capacità di autogenerazione delle risorse del Pianeta.
Il WWF, in particolare, sottolinea come l’olio di palma stia portando a veri e propri disastri ambientali in Indonesia e Malesia – due dei principali produttori mondiali – perché l’abbattimento delle foreste porta non solo alla perdita di numerose specie vegetali uniche sul globo, ma anche alla distruzione dell’habitat naturale di specie animali rare.
Non solo. Per recuperare terreno utile alla piantagione, le specie selvagge stesse vengono cacciate e uccise dalle popolazioni locali, in un conflitto ormai perenne tra uomo e animali: tigri, scimmie, oranghi, elefanti sono costretti – quando non uccisi – a sopravvivere in piccole aree non più idonee alle loro esigenze.
Ma i danni non finiscono qui. Per ogni tonnellata di olio di palma prodotto, 2,5 tonnellate di fluidi di scarico vengono generati. Questi fluidi – che comprendono sostanze chimiche come diserbanti ma anche prodotti di raffinazione dell’olio – vengono direttamente gettati nei corsi d’acqua naturali, inquinando così le fonti d’approvvigionamento per piante, animali e persone.
Inoltre questo grasso tanto amato dalle case produttrici incide anche sui costi civili. L’espansione della produzione di olio di palma genera conflitti sociali e vere e proprie lotte civili: le popolazioni rurali locali sono costrette con la forza ad abbandonare i loro villaggi per far spazio ai campi coltivati. Con l’agricoltura completamente azzerata, l’unica forma di sussistenza delle classi più povere è quella di impiegare la loro manodopera a basso costo nelle piantagioni, spesso con ritmi schiavisti e nessuna forma di tutela.
Ora l’unica cosa che ci chiediamo è: ma ne vale davvero la pena?