Questa è la storia di José María Coni e Marina Menegazzo. Ma, in fondo, è la storia di ognuna di noi. Due ragazze di 21 e 22 anni che, zaino in spalla e mano nella mano, erano arrivate fino a Montanita, in Ecuador, per trascorrere una bellissima vacanza. Alla ricerca di qualcosa, di quella felicità che si prova solo quando si viaggia, da sola con le amiche, dimenticandosi di tutto quello che abbiamo lasciato una volta partite. Alla ricerca di un sogno a cui questa volta, però, sono state tagliate le ali. Un sogno che mai potrà realizzarsi perché qualcuno ha pensato di scriverci la parola fine al posto delle dirette interessate.
I corpi delle due ragazze sono stati ritrovati chiusi in un sacco. I due uomini che avevano offerto un posto dove dormire alle ragazze, rimaste senza soldi, hanno poi confessato l’omicidio. Ma, ancora una volta, due innocenti hanno perso la vita. E una ragione per perdere sogni, speranze, desideri, famiglia, amori ed amicizie non ci dovrebbe mai essere, quando si viaggia da sole. Ma nemmeno quando si va in giro con gli shorts, quando si torna a casa in macchina da sole dopo una serata in discoteca e quando si fanno uscite sole donne.
Quello di viaggiare per noi donne è un diritto. Non farlo più significherebbe dare ascolto a chi fa domande come “Ma torni a quest’ora da sola? Non ti viene a prendere nessuno? Guidi tu? Ci sono ragazzi nel gruppo? Davvero fai un viaggio da sola?“. Ma soprattutto significherebbe rinunciare a vivere. Perché viaggiare è sinonimo di scoperta, bellezza, indipendenza, vita. Una di quelle che vale la pena di essere vissuta.
Con la vicenda di José María e Marina si torna a parlare di femminicidio: il 35% delle donne nel mondo, solo lo scorso anno, ha subito una violenza fisica o sessuale, dal proprio partner o da un’altra persona. Sempre dai dati Istat, poi, emerge che nel nostro paese sono 6 milioni 788 mila le donne che sono state violate nel corso della loro vita. E, nel 2014, 152 sono state uccise.
Quando questi numeri saranno pari allo zero? Solo quando si smetterà di dare la colpa a noi donne per come ci vestiamo, per voler viaggiare da sole. Insomma, per avere gli stessi diritti e la stessa indipendenza degli uomini. Perché noi non siamo certamente il sesso debole. E lo dimostriamo ogni giorno, con esempi di donne straordinarie che si battono per i nostri diritti, quelli che dovremmo avere a prescindere da tutto. Ma anche esempi di donne qualsiasi che si svegliano presto tutte le mattine, per mantenersi e per mantenere i figli. Per non dover mai chiedere niente a nessuno, per far vedere che anche noi riusciamo a fare tutto. E lo facciamo anche bene.
E l’esempio di Guadalupe Acosta, una studentessa paraguaiana che, dopo la tragica vicenda, decide di dar voce alle due ragazze scomparse, rivendicando il diritto di noi donne a viaggiare da sole, in sicurezza, tranquillità e serenità. Guadalupe ha scritto un post su Facebook diventato virale, con più di 557 mila like ed oltre 730 mila condivisioni.
Ayer me mataron.Me negué a que me tocaran y con un palo me reventaron el cráneo. Me metieron una cuchillada y dejaron…
Pubblicato da Guadalupe Acosta su Martedì 1 marzo 2016
La ragazza sudamericana parla di umiliazione, di sogni infranti, di diritti che dovremmo avere, del fatto che se la vicenda fosse capitata ad un uomo avrebbe avuto più seguito. Per questo invita tutti, donne soprattutto, a farsi sentire, a non stare in silenzio, ad urlare al mondo quello che succede, a combattere per noi stesse.
E il suo appello è stato ascoltato: l’hashtag #Viajosola è diventato uno dei trend topic di questi giorni.
Chissà se questa potrà essere la svolta, chissà se la violenza sulle donne diventerà solo un brutto ricordo. Ma fino a quel momento non ci sarà nessuna vittoria per noi, nessuna festa della donna. Festa della donna sarà solo quando non ci saranno abbastanza sacchi per metterci tutte a tacere.