Sushi, sushi e ancora sushi; in tutte le salse, e anche in tutti gli all you can eat che abbiate mai provato. Come si può fare a meno del sushi? La risposta è una sola: non si può.
Ma dopo anni su anni, cene su cene, a perfezionare la tecnica di presa con le bacchette, siamo davvero sicuri di conoscere bene l’amato piatto a base di pesce e riso?
1. Il sushi non ha origine giapponese
Molti dei simboli culturali giapponesi sono stati importati dalla Cina. Così come la scrittura, il buddhismo Zen e i bonsai, anche il sushi è di importazione cinese. Lì, già dal quarto secolo si usava abbinare al pesce il riso, per permetterne la conservazione tramite la fermentazione. Però, il sushi moderno – per intenderci, il classico nighiri che ordiniamo al ristorante – prende davvero vita nelle bancarelle di Tokyo.
2. Il wasabi non-wasabi
La salsa wasabi che ci troviamo nel piatto quando il cameriere ci porta le ordinazioni non è vera salsa wasabi, ma solo un fac simile: quella che in giappone chiamano western wasabi, un’imitazione composta da radice di rafano e colorante verde. Quello originale invece si chiama l’hon wasabi e viene prodotto con una rara piantina difficile da coltivare, e molto costosa: la Wasabia Japonica.
Un’accortezza: l’uso più corretto del wasabi è quello di associarlo direttamente al sashimi, e non aggiungerlo alla salsa di soia.
3. Lo zenzero
No, lo zenzero non è solamente decorativo. Ha funzioni reali, dimenticate le teorie più disparate che avete complottato durante le abbuffate con i vostri amici. La realtà è che lo zenzero serve per pulirsi la bocca quando si cambia tipologia di pesce. L’alta scuola del sushi, tra l’altro, prevede che questo cambio vada fatto in un preciso ordine: i vari tipi di pesce devono essere consumati dal più delicato al più deciso.
4. La salsa di soia
Per concludere il discorso salse, non poteva mancare la soia. Secondo la tradizione la salsa di soia era fatta con tre semplici ingredienti: semi di soia, sale e acqua; fermentati per mesi con muffe particolari. La soia di oggi è invece prodotta in pochi giorni con soia idrolizzata.
5. Niente salmone in Giappone
Ebbene si, in Giappone niente salmone; si trova solo nei ristoranti occidentali. Non essendo un pesce autoctono – il salmone viene infatti importato dalla Norvegia – difficilmente lo troverai nei ristoranti di Tokyo (soprattutto quelli di fascia alta), dove viene servito solo pesce fresco.
6. Il tonno non è tutto uguale
Vi siete mai accorti che il tonno sul vostro nighiri non è sempre identico? Questo perché con diverse parti del tonno si possono ricavare tre diverse pietanze: l’akami, cioè la parte più magra, scura ed economica del tonno; il chutoro, più chiaro, mediamente costoso e grasso; e infine l’otoro, la parte extra grassa, rosa, dolce e particolarmente costosa.
7. Il polpo perfetto
Un bravo shokunin – maestro di sushi – sa che ogni pesce va scelto, tagliato, composto e servito in modo estremamente preciso. Il polpo, che però richiede un trattamento particolare: la sua carne va massaggiata. E il trattamento può durare addirittura 45 minuti.
8. Le bacchette
Se per voi le bacchette sono un punto ostico, questa notizia vi rasserenerà. Tradizionalmente il sushi va mangiato con le mani – così si fa ancora nei ristoranti in Giappone, anche nei più esclusivi.
9. Quando ordinare la zuppa di miso
La tanto amata zuppa di miso non è un aperitivo: è indicata dopo il main course o alla fine del pasto.
Ma di cosa si tratta? Si tratta di una pasta fatta con semi di soia gialla giapponese, o con altri cereali, dalla consistenza simile a quella del nostro purè, con forte potere digestivo e alcalinizzante. È considerato uno dei segreti della longevità nella tradizione giapponese.
10. Indecisi sull’ordinazione? Omakase!
Non sei mai stato in un ristorante giapponese e non sai cosa ordinare? Sei un abitué dell’all you can eat sotto casa e non sai più cosa ordinare? Omakase è la risposta.
Letteralmente significa “mi fido di te”, questo permette allo chef di decidere per voi un percorso culinario, che tradizionalmente si divide in tre movimenti: si parte con i pesci dal gusto più delicato, come la platessa, la seppia o lo sgombro cavallo. Il secondo movimento consiste in un’improvvisazione durante la quale viene proposto il pescato del giorno come, per esempio, la vongola, il polpo o il mazzancolla. Infine, il terzo movimento è il tradizionale finale, include le anguille di mare, lo sgombro, le uova e il riccio di mare.
[Credit: wired.it]