Se pensi che oggi la cucina gourmet sia esagerata, aspetta di vedere cosa mettevano nel piatto i nostri antenati, ti parlerà di 5 piatti assurdi realmente esistiti. Dimentica avocado toast e cappuccini con la schiuma a forma di unicorno: nel passato si cenava con ingredienti degni di un incubo.

5 piatti assurdi: la lingua di fenice alla romana

Ok, forse non era proprio fenice, ma i romani adoravano esagerare. Nelle cene imperiali venivano serviti piatti con lingue di fenicottero o di usignolo, perché pare che la lingua fosse la parte più raffinata e perché i banchetti imperiali erano uno sfoggio di potere e ricchezza.

L’imperatore Elagabalo, noto per i suoi eccessi, pare banchettasse con lingue di fenicottero e cervelli di struzzo.
Gli uccelli venivano bolliti o arrostiti solo per poi estrarne la minuscola lingua, che veniva condita con garum (una salsa fermentata di pesce) e spezie orientali.
Si potrebbe definire l’antenato della cucina molecolare, ma con meno etica e più piume.
Per servire una decina di invitati, si potevano sacrificare anche centinaia di fenicotteri. Uno spreco colossale che oggi ci farebbe svenire.

Cigno farcito nel proprio piumaggio direttamente dal Medioevo


Non è un modo di dire: si prendeva un cigno, lo si cucinava e poi lo si “rivestiva” con le sue stesse piume per fare scena. Era un must per le cene nobiliari, considerata una portata da VIP, riservato a re, duchi e signori. Era illegale per la gente comune mangiarlo. Servirlo “rivestito” con le sue piume originali era un modo per impressionare gli ospiti e mostrare potere.
Dopo aver arrostito l’animale, i cuochi rimettevano le piume con ago e filo (come un Frankenstein culinario), a volte anche la testa, che poteva essere dorata. Il piatto veniva presentato intero, spesso in parate a tavola.

Pane di muschio e corteccia durante le carestie vichinghe

Durante le carestie, i popoli nordici, specialmente i Vichinghi, si adattavano come potevano. Il grano diventava un lusso, e allora si mangiava corteccia.
Veniva usata la parte interna della corteccia di pino (detta “corteccia dolce”), mescolata a muschio e, se disponibile, farina residua. Il tutto veniva essiccato, macinato e cotto su pietre calde. In Norvegia esiste ancora il barkebrød, il “pane di corteccia”
Croccante? Molto. Nutriente? Insomma. Commestibile? Solo se stai morendo di fame.

Gelatina di pesce al cervello di coniglio risalente al XVIII secolo in Inghilterra


Nell’Inghilterra georgiana, la nobiltà amava i piatti in gelatina, sia per motivi estetici che igienici (conservazione). Il cervello di coniglio era ritenuto delicato e “intellettuale”.
Il pesce veniva bollito, disossato e adagiato in una forma. Si preparava una gelatina con brodo, colla di pesce e spezie. Il cervello, ridotto in crema, veniva inserito nel cuore della composizione. Il tutto veniva raffreddato e decorato.

Le gelatine vittoriane spesso avevano decorazioni floreali o di frutta incastonate, tipo mosaico. Una bellezza macabra che oggi ispirerebbe Tim Burton.
Perfetto se ami la consistenza molle e l’effetto “autopsia chic”.

Mummia in polvere


Sì, parliamo di vere mummie egizie. Tra il XVI e il XVII secolo, si diffuse la moda della “mummia”, ovvero corpi mummificati macinati in polvere per uso medico e, a volte, alimentare.
Le mummie venivano importate (illegalmente) dall’Egitto, triturate e ridotte a polvere finissima. Si mescolava a vini, zuppe o confetture.


Re e aristocratici la assumevano per guarire da malattie o “rafforzare il sangue”. Francesco I di Francia ne teneva sempre una dose in tasca. Un esempio perfetto di “medicina da brividi”.

L’antesignano dei superfood, con un leggero retrogusto di sacrilegio.