Ancora un caso di contagio di Ebola per un medico americano del Texas, venuto a contatto con un paziente affetto da “male del momento”: giusto una settimana più tardi, la notizia di un’altra infermiera, questa volta spagnola, ammalatasi per ragioni analoghe. E, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede un notevole aumento dei casi di Ebola in Africa Occidentale (per dicembre potrebbero essere tra le 5.000 e le 10.000 a settimana le persone contagiate), in tutto l’Occidente si diffonde il panico.

Eppure, dopo il primo caso statunitense diagnosticato a Dallas, sono stati più di 5.000 i falsi allarmi riscontrati dal Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie: il virus, perciò, non è così contagioso come si pensa. Soprattutto all’interno di una società bene informata e dotata di un sistema sanitario adeguato: ecco, allora, tre buone ragioni per non cadere vittima del panico di fronte alla psicosi da Ebola che ormai impazza in tutto il mondo.

1. L’Ebola è meno contagioso di un raffreddore

I rischi di contagio in Occidente sono minimi in primo luogo perché il virus non si trasmette per via aerea, certo è mortale in un caso su due, ma è comunque meno contagioso di un raffreddore. Una persona affetta, per esempio, dal morbillo può arrivare a infettarne altre 18: un raggio d’azione molto più ampio di quello di un soggetto affetto dall’Ebola, che può infettare all’incirca 2 persone soltanto. A questo proposito, occorre ricordare che il contagio è possibile solo per contatto di liquidi biologici, come sangue, sudore, saliva e sperma, o di lesioni e mucose.

2. Il virus non è contagioso nel periodo di incubazione

Una persona affetta da Ebola non diventa contagiosa nell’immediatezza: bisogna aspettare la fine dell’incubazione, che può durare approssimativamente dai 2 e i 21 giorni. Il malato, poi, non diventa davvero contagioso se non dopo l’apparizione dei primi sintomi, che sono mal di testa e febbri importanti. Pertanto, in questo lasso di tempo, i soggetti che ignorano di essere portatori del virus non hanno alcun potere di infettare chi gli sta intorno.

3. I Paesi dell’Occidente sono i più preparati

Peter Piot, il professore belga che ha scoperto il virus Ebola nel 1976, ha dichiarato al quotidiano inglese The Guardian che persone portatrici del virus provenienti dall’Africa continueranno senza dubbio ad arrivare in Europa. Ma, a suo avviso, i Paesi europei sono preparati e le possibilità che la cosa diventi incontrollabile sono bassissime. Per esempio, i Paesi con delle buone infrastrutture sanitarie hanno i mezzi per isolare i pazienti che hanno contratto il virus e di sviluppare dei trattamenti sperimentali, come lo ZMapp e il TKM-100-802. Tuttavia, questi farmaci in via di sperimentazione non sono disponibili che in quantitativi ridotti: la comunità mondiale, dunque, non può che attenderne la prossima produzione industriale perché, una volta inviati in Africa occidentale, pongano fine all’epidemia.