Avrete visto lo show che si è tenuto ieri in America per i funerali di Charlie Kirk e questo pezzo parte proprio da qui. Sì lo so che il titolo è provocatorio, ma sarete d’accordo con me che credenze e testi sacri vengono spesso strumentalizzati da movimenti politici, estremisti e attori statali per giustificare violenza, esclusione e politiche aggressive.

È sotto gli occhi di tutti.

Charlie Kirk e il ritorno alla Bibbia

La morte di Charlie Kirk, fondatore di Turning Point USA e figura-chiave del conservatorismo giovanile americano, è stata rapidamente trasformata in simbolo e strumento politico, con leader che hanno parlato di «martirio» e di una guerra culturale con connotati religiosi.

In sostanza di cosa parlava Kirk nelle sue campagne? No aborto, ovviamente, no diritti dei gay e dei trans, xenofobia, sì alle armi (chissenefrega di chi ci muore sotto, “è un prezzo da pagare” parole di Kirk non mie), razzismo e ciliegina sulla torta: le donne dovrebbero fare le donne, figli e marito, no lavoro, meno diritti possibili.

Kirk sostenevaanche che la religione debba avere un ruolo attivo nella vita pubblica.

Negli USA è cresciuto negli ultimi anni un movimento di “Christian nationalism” la cui narrativa sostiene che la nazione debba essere esplicitamente cristiana e che la politica sia parte di una battaglia spirituale. Sondaggi e studi (PRRI, Pew, Brookings) mostrano che una quota significativa della popolazione simpatizza con idee che mescolano patriottismo, religione e autoritarismo, e che queste idee sono correlate a posizioni più ostili verso pluralismo e minoranze.

L’America sta tornando al Medioevo?

Dalla Bibbia alla terra: religione e politica nel conflitto israelo-palestinese

Nel cuore del Medio Oriente, la linea che separa fede e politica si è fatta sempre più sottile. Per molti coloni religiosi che vivono in Cisgiordania, la Bibbia non è solo un libro sacro, ma una sorta di mappa che indica quali terre appartengano al “popolo eletto”. A partire da quei versetti, intere comunità giustificano insediamenti ed espropri, dando vita a tensioni quotidiane che spesso sfociano in scontri violenti.

Dall’altro lato, gruppi come Hamas attingono a testi e interpretazioni religiose per trasformare la resistenza in un dovere sacro. La lotta diventa così non soltanto politica, ma spirituale: un sacrificio legittimato dalla fede. Il risultato è che i testi sacri, nati per dare senso e speranza, finiscono trasformati in armi retoriche capaci di alimentare conflitti e divisioni.

La guerra di Gaza lo dimostra con chiarezza. Le rivendicazioni nazionali e religiose si intrecciano con la logica militare e con la sicurezza di Stato. Mentre l’ONU lancia accuse pesanti, fino a evocare crimini contro l’umanità, la narrazione religiosa contribuisce a irrigidire le posizioni. Invece di aprire al dialogo, diventa un terreno fertile per la radicalizzazione e l’odio reciproco.

Perché la religione può aggravare i conflitti

Gli studiosi lo ripetono da anni: non è la religione in sé a generare violenza, ma il suo uso politico. Secondo ricerche come quelle di Mark Juergensmeyer e i dati raccolti dal Pew Research Center, i conflitti scoppiano quando la fede si mescola con identità etniche, disuguaglianze sociali e governi che legittimano esclusioni. Al contrario, la maggior parte delle persone religiose vive la propria fede in modo pacifico, e in molte tradizioni esistono insegnamenti che promuovono compassione, giustizia e convivenza.

Il problema, quindi, non è credere in Dio, ma come alcuni leader strumentalizzano Dio per rafforzare il proprio potere, mobilitare masse e giustificare violenza.

Fondamentalismi: oltre la teologia

Dietro al fondamentalismo non c’è soltanto un’interpretazione rigida delle Scritture. C’è povertà, frustrazione sociale, perdita di fiducia nelle istituzioni, propaganda identitaria e giochi geopolitici. Tutto questo rende la religione un carburante per i conflitti.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la miscela di nazionalismo religioso, disinformazione e mobilitazione identitaria ha creato un clima in cui la violenza politica sembra più vicina e accettabile. In Medio Oriente, l’occupazione e lo sfollamento forniscono il contesto materiale in cui argomenti religiosi diventano la miccia perfetta per nuove escalation.

Purtroppo finché ci saranno persone che nel 2025 pensano ancora di poter vivere secondo la Bibbia (o le parti che fanno più comodo) continueremo ad assistere a queste situazioni.