El Perù eres tu, è scritto dappertutto. E all’inizio sorridi, come se quella cosa non ti riguardi. Come se i sorrisi, i tempi lenti, la polvere che si alza ogni volta che passa una macchina e suona (ma cosa suonano?) fosse distante da te e dai tuoi tempi. Dalle tue abitudini consolidate, che poi ci vuole poco a cambiarle, e non c’è mica bisogno di salire sul Machu Picchu per dire che sì, il Perù, è un posto meraviglioso. Proprio come gli elaborati motivi dei tessuti indigeni, il Perù è un paese complesso e affascinante: fiestas con solenni processioni, città in cui convivono arte e innovazione, sentieri che si snodano dalla giungla alle vette ghiacciate. C’è tutto in questo viaggio: l’emozione dell’avventura, il piacere della scoperta, il sapore di una cucina tra le migliori al mondo, la natura incontaminata, il divertimento, il calore della gente, dei bambini soprattutto, ma anche gli anziani non sono da meno.
Certamente ci vuole un po’ di stomaco. Il Perù non è un posto per persone troppo sensibili. C’è da abituarsi all’altura (il famoso Soroche non è una leggenda metropolitana), le città sono quasi tutte molto povere, a parte Cusco e Arequipa, i trasferimenti da un posto all’altra sono lunghi, sebbene le principali compagnie di autobus, Cruz del Sur su tutte, offrono servizi di cama (letto) e semi-cama (sedile reclinabile) tra i migliori mai provati, oltre al collegamento wi-fi sul bus. Il viaggio è tra i più completi che si possano immaginare, il problema sicurezza, sollevato da alcuni, è davvero marginale: in nessun luogo del Perù, praticando semplici accorgimenti validi in tutti i posti del mondo, mi sono sentito in pericolo. I luoghi turistici sono vigilati, Cusco e Arequipa hanno dei centri blindati dove l’unico fastidio è evitare gli avventori che ti propongono servizi di tutti i tipi: dalle escursioni, ai ristoranti, ai massaggi. Per il resto bisogna fare un po’ più di attenzione solo a Lima, capitale da 9 milioni di abitanti, per lo più in periferia visto che le zone di Miraflores e Barranco sono presidiate e popolate da molti turisti.
La prima domanda che ci si pone quando si affronta un viaggio del genere, nel cuore del Sudamerica, è: fai da te o agenzia? Con tutto il rispetto per la seconda ipotesi, tendo sempre a diffidare dai pacchetti pre-impostati. Sono quelli che non ti regalano l’emozione dell’inaspettato, il viaggio e le attività sono embeddate all’interno di un programma standard e gli incontri con le popolazioni e le culture locali sono ridotti al minimo. Il fai da te classico è fattibile, ma parlando col senno del poi. Col senno di prima ci sono alcune criticità oggettive: in primis le lunghe distanze tra una città e l’altra, poi le difficoltà a raggiungere con un’auto affittata i posti in altura (si arriva fino a 4900 metri e la neve è più di un’opzione). Infine i costi, visto che con i bus si risparmia infinitamente, e i tempi dal momento che le cose da vedere sono tantissime, le ferie raramente superano le due tre settimane, e una mancanza di programmazione può far saltare più di un’escursione.
Dopo una serie di ricerche sul web ci siamo rivolti ad un tour operator locale, Casa Yolanda. All’inizio avevamo dei dubbi, ma Yolanda si è rivelata subito una grande professionista. Ci ha disegnato un piano di viaggio ad hoc, sulle nostre necessità, senza embeddarci troppo in programmi standard, lasciandoci piena libertà di scelta e facendoci spendere davvero poco, meno di mille dollari per visite, escursioni, alloggi in ostelli puliti e sempre centrali (dotati tutti di connessione wi-fi) e spostamenti in bus. Facendo un rapido calcolo con i miei compagni di avventura siamo arrivati alla conclusione che prenotando tutte queste cose da soli avremmo risparmiato un massimo di 200 euro, più o meno, che certamente non valgono il tempo guadagnato e la conoscenza dei posti che Yolanda ha. Un austista di Yolanda ci accoglie appena arrivati a Lima e ci porta da lei in un ostello un po’ decadente e periferico. Fuori è freddo e buio, c’è nebbia e il primo pensiero è sicuramente “Chi ce l’ha fatto fare“.
Lei è austera, un po’ arrogante, ma presto scopriamo che fa parte del personaggio. Davanti alle troppe domande si innervosisce, è sicura di sé e del proprio lavoro, non trasmette simpatia ma sicuramente trasmette professionalità. Ci lascia con una rassicurazione, che è anche un monito: “Se avete problemi contattatemi, ma nessuno mi ha mai contattato“. Avrà ragione. Il tempo di constatare che il suo ostello non è il massimo, e ce le confermerà chi ci ha dormito, ma su tutto il resto Yolanda avrà ragione. Dopo una notte a Lima partiamo alla volta di Paracas, un luogo che è sicuramente meglio visitare d’estate (ad agosto a Lima è inverno). Di imperdibile c’è una riserva naturale, l’escursione alle Islas Ballestas e, il giorno dopo, le dune di Huacachina, un posto straordinario dove fare sandboarding con la tavola. Di imperdibile c’è anche il giro in Jeep con un autista che ti fa letteralmente saltare tra le dune del deserto.
Il giorno dopo siamo a Nazca dove è possibile vedere la famose linee: geroglifici ancora tutti da interpretare, che si possono vedere grazie ad un giro in aereo. In questa occasione abbiamo compiuto, forse, l’unico vero errore del viaggio, non prenotando prima questa uscita in aereo. Un po’ perché ce la facevamo addosso (nel 2008 sono stati registrati due disastri aerei nel giro di pochi mesi ma poi le regole sono cambiate e la sicurezza è aumentata in maniera esponenziale), un po’ perché eravamo convinti di risparmiare qualcosa sul posto. Fatto sta che prenotando la sera prima non siamo potuti uscire alle 7 e abbiamo dovuto aspettare il turno delle 9. Nel frattempo è arrivata un tempesta di sabbia e il nostro volo è stato cancellato (apprezzabile, visto che un tempo sarebbe partito) e di fatto ci è mancata una parte molto significativa del viaggio. Lasciata la costa meridionale si inizia a salire. Arequipa è una città splendida, piena di bambini festanti e di locali carini. Non perdetevi assolutamente il convento di Santa Caterina (o Catilina) da Siena, dove un tempo alloggiavano le suore di clausura figlie della nobiltà spagnola.
Tra Arequipa e Puno c’è Chivay che è una sorta di città fantasma, ma la piazza è molto viva e se si è fortunati si può assistere a qualche processione molto colorita. Per arrivare a Puno bisogna superare i 4000 metri. Qui foglie e mate di Coca potrebbero non bastare. Mettete in conto qualche mal di testa e un po’ di dolori, ne varrà la pena. Il lago Titicaca che si raggiunge da Puno è uno dei climax del viaggio, se non altro perché si possono visitare le isole Uros e Taquile. La prima costruita interamente con le canne di Totora, la seconda, più grande e con tanto di piazza, dove è possibile assaggiare la trota a la griglia e la zuppa di quinoa. Deliziose. Per organizzare un’eventuale escursione in Bolivia prevedete due giorni in più. Dal lago Titicaca è possibile, l’unico problema sono frontiere e passaporti che potrebbero togliervi tempo prezioso. In un paio di giorni si fa. Da Puno a Cusco il viaggio è piuttosto movimentato, ma arrivati nella vecchia capitale Incas dimenticherete tutto.
Cusco è una delle città più belle e complesse del mondo: godetevela non dimenticando di comprare il boleto turistico ovvero il pass per i musei e le rovine più significative al costo di 130 soles (poco più di 40 euro). Non sono comprese le Chiese che fanno parte invece del boleto religioso, valutate voi se vale la pena comprare anche questo. Le rovine sono quasi tutte vicine a Cusco comprese le città di Ollantaytambo e Aguas Calientes meglio conosciuta come Machu Picchu Pueblo. Da qui comincia un’avventura che meriterebbe di essere raccontata a parte. La scelta è quasi sempre una: salire al Machu Picchu con il bus o a piedi. Noi masochisti abbiamo optato per la seconda ipotesi. Levataccia alle quattro, due km di salita ripida e gradoni, per le 6 siete in cima a vedere l’alba. È una fatica immane, ma vale la pena. Viceversa farete un po’ di fila per il bus ma risparmierete energie preziose per visitare il sito, una delle sette meraviglie del mondo. Una curiosità: se non vi interessa l’alba sappiate che già tra le 7 e le 8 non farete nessuna fila. Può essere un’ipotesi.
Piatti da assaggiare assolutamente: il Chebiche di pesce crudo di Lima, insieme a quelle di Paracas (ristorante El Che all’interno della riserva) è assolutamente uno dei piatti più buoni del mondo. Si tratta di pesce crudo freschissimo in salsa di limone con molta cipolla. Un mix tra sushi e sashimi, a mio parere più saporito. La carne di Alpaca è tenerissima, provatela nella versione hamburger o tartare. Il lomo saltado e il recote relleno (peperone ripieno di carne, piccante) completano il quadro dei piatti da non perdere. Potete fare a meno, ma è un parere del tutto personale, del Cuy, forse il piatto tipico del Perù. Il porcellino d’India, o Cavia, è così importante per i peruviani che in alcune rappresentazioni dell’ultima cena viene indicato come il piatto che Gesù Cristo offre ai discepoli. A me ha fatto sinceramente senso, ma andava comunque provato. Da segnalare, a Cusco, il ristorante Chicha del famoso Chef Gaston Acurio. A Lima c’è Astrid y Gaston, sempre di Acurio, ma trovare un tavolo è assai più difficile. In conclusione, il Perù è una meta indimenticabile che vi consiglio caldamente.
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Que Viva El Perù, Carajo!