Quanti ricordano la fine della sensuale Nola, interpretata da Scarlett Johansson, nell’alleniano Match Point? Una pallottola in testa, per rinfrescarvi la memoria. La punizione per aver creduto che la passione potesse vincere sulla totale assenza di coraggio. Per aver creduto nell’amore, da sola.

Tutti abbiamo sofferto o soffriamo ancora per un amore finito o per uno mai iniziato. Tutti ci chiudiamo a guscio respingendo il mondo, convinti che quel sublime sentimento la implichi quella sofferenza. E probabilmente, estremizzando, la preferiremmo una pallottola in testa, ogni tanto, solo per mettere a tacere la voce dell’illusione che ha un’eco straziante.

Ma secondo la scienza, l’unico rimedio che non preveda una fine drammatica, è il distacco totale. Per l’amore, come per la droga, per disintossicarsi serve chiudersi dietro una porta. Andare via da luoghi, cose, persone nocivi. Perché l’amore e l’affetto sono una parte inscindibile del tempo che doniamo. Ed è questo a rendere prezioso quel tempo. È questo il motivo per cui solo a pochi va concesso: quei pochi che lo desiderano più di qualunque altra cosa al mondo.

La pena d’amore è come una dipendenza, come la mancanza di una droga. Abbiamo scoperto delle attività in una regione centrale del cervello che è collegata con tutte le dipendenze, non importa se la droga si chiama eroina, nicotina, gioco d’azzardo. Il centro della dipendenza è collegato con il sistema dopaminico” – spiega in un’intervista a Repubblica Helen Fisher, autrice di “Perché amiamo“.

Le pene d’amore dunque – “vanno considerate come una dipendenza dalla quale si vuole uscire. Ciò significa che occorre girare al largo dalla droga. nessun contatto, né scrivere lettere, non guardare vecchie foto, non telefonare“- continua l’antropologa.

Una chiusura drastica, che rende vuoti. Una chiusura che tuttavia resta necessaria, perché quel vuoto possa riempirsi ancora. Il cuore, alla fine, vince sempre sulla mente. E quando quest’ultima lo ostacola, per vendetta lui inizia a logorarci dall’interno. Non abbiamo poteri nei confronti di quello che sentiamo dal momento che gli basta solo un secondo per trasformarsi in quello che vogliamo.

Così il sentimento ci brucia le sinapsi come eroina o crack. Lo chiamiamo amore, ma questa parola evoca sensazioni troppo dolci, rispetto a quelle che fa provare. E non è un merito o una colpa. Fa parte del gioco, e vince il gioco della vita chi lo accetta prima. Chi accetta che oltre al bello, c’è anche il brutto. Chi comprende che per mutare quel brutto in bello, c’è un’altra parola che è “cambiamento“. Il distacco è il cambiamento. Svuotarsi del tutto per farsi riempire da chi vuole davvero essere lì dov’è, dentro di noi.

Non potete amare lui? Amate voi stesse. Ripartite dalla consapevolezza che il primo più grande amore, il più potente credo della vostra vita, siete voi. Ché non serve qualcun’altro per trovarci o completarci.

Meglio soli che illusi. Meglio forti che infelici. Che tanto l’amore poi ti capita per caso, quando meno te l’aspetti. Lo trovi un giorno al bar, su un treno, in un complimento sincero. La vita, con la sua esigua e imprevedibile durata, non è fatta per accontentarsi. È fatta per conquistare quello che si sogna fin da bambine. Lasciamo tra le cose da buttare chi non ci ha scelto e rilassiamoci, con un buon vino, tanta musica, le amiche, le nostre passioni. Arriverà qualcuno a riempire quel calice per noi.

O alla fine, ironizzando, potremmo prendere in considerazione un’altra soluzione: perché invece di provare amore non proviamo qualche droga?