Nella puntata di ieri di Report sono emersi veri e propri scandali riguardanti la nota azienda di moda “Moncler”.
La giornalista Sabrina Giannini ha indagato sull’illegale pratica della ‘spiumatura’. Alle oche vengono strappate le piume, il più veloce possibile, per l’equivalente di 30 centesimi di euro ad animale, lasciandole con la pelle lacerata, sanguinanti. Molte di loro moriranno di infezioni, dopo una lunga agonia, altre saranno costrette a subire l’ennesima violenza dopo pochi mesi, nonostante le normative europee vietino simili atrocità sugli animale e l’UE consenta solo la vendita di piumini d’oca ricavati dalla pettinatura.
Non bisogna essere animalisti per indignarsi davanti a certe immagini. Per questo nasce l’hastag #siamotutteoche, che riprende il titolo del servizio di Report e #moncler che risulta oggi il primo argomento di discussione sui social.
Ma il servizio non ha colpito solo per l’aspetto inquietante e macabro del maltrattamento di animali. L’impresa guidata da Remo Ruffini non produce più in Italia, ma ha delocalizzato la sua produzione in Moldavia, Romania e sopratutto in Transnistria, stato autoproclamatosi facente parte della Moldavia dove i costi di produzione sono bassissimi e la qualità del prodotto scarsa.
Il risparmio rispetto alla produzione in Italia è di 30 euro. Un risparmio irrisorio considerando il prezzo a cui vengono venduti i capi Moncler nelle Boutique, che si aggira intorno ai mille euro.
Ancora più scandalo fa quel prezzo esorbitante quando si scopre che in realtà il prodotto è di pessima qualità. Le piume d’oca di alta qualità sarebbero mischiate con altre di scarso valore.
Come ci si poteva aspettare sul web sono impazzate polemiche, critiche, insulti direttamente sulle pagine social dell’impresa “pseudo-italiana”. La conseguenza è stato un netto calo in Borsa, solo nel primo pomeriggio aveva perso il 4,06%, arrivando a 10,61 euro. Ma si sa che la memoria dei social è una memoria a breve termine, lo scandalo di oggi sarà presto soppiantato da quello di domani.
Chi non dimentica, però, ancora nel 2014, è la stampa. Cercare Moncler oggi su Google significa cominciare a vedere le infiltrazioni dello scandalo, sia sui risultati di ricerca che sulle news. Questo è quello che preoccupa di più un brand.
La risposta di Ruffini però non si è fatta attendere. Sul sito dell’azienda da questa mattina è comparsa la scritta in prima pagina: “Moncler utilizza solo piuma di qualità acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali”. Dopo il servizio, però, questa risposta perde di credibilità e si è visto, ma ancor peggio è che l’azienda, ha deciso di soffermarsi solo su una piccola parentesi di accuse che le sono state rivolte, tra cui quella di maltrattamento di animali e di tradimento e sfruttamento dei lavoratori. Sul tema evidentemente non c’era molto da dire. Negare l’evidenza a volte è contro producente. Abbiamo visto molte aziende nell’occhio del ciclone, per un motivo o per un altro e un pò tutte, sono riuscite ad uscire più forti di prima dalla bufera mediatica che le vedeva protagoniste.
Sarà così anche per Moncler? La strategia da assumere è ignorare finchè non si dimentica?
Purtroppo il mondo della moda è meschino. E ad alimentarlo siamo noi proprio noi consumatori, che cediamo senza pensieri davanti ad un capo in voga scontato in un outlet, non preoccupandoci minimamente di cosa si nasconde dietro. Quanto durerà questa indignazione nei confronti di Moncler? Solo l’impresa di Ruffini maltratta gli animali per fini economico-commerciali? La domanda è ovviamente retorica. Non siamo nuovi a scandali di questo tipo. Ma chissà perchè ogni volta è come se fosse la prima volta.