One Direction e fan in visibilio: ragazzine ovunque, poster colorati e striscioni lungo le gradinate dei più grandi palcoscenici e stadi del mondo. Un binomio sempre perfetto, tardo a morire e, probabilmente, destinato ad un’escalation senza freni.
I “Ti amo, sposami” si sprecano tra le directioner, le urla verso il cielo e le mani a tempo, un ritmo conosciuto a memoria, storie di cantanti come biografie personali. L’eccitazione è tanta, l’entusiasmo non si può calcolare.

Quando si tratta di adolescenti il gioco è presto fatto: carovane di pullman e pellegrinaggi da ogni parte del mondo, biglietti super costosi, ore di attesa e macchina fotografica bollente. Scritte su tutto il corpo, posti esauriti, tour de force sempre allo stremo delle forze. Ma quando si tratta di ragazzine? Quando si tratta di 13enni – o giù di lì?

Foto di padri tristi, foto di espressioni disperate, mani nei capelli – per chi, fortunato, i capelli ancora li ha. Rassegnazione e malinconia. “Erano altri tempi, i miei. Non questi qui”. Sono foto di padri che si “immolano” per le proprie figlie, troppo piccole per andare da sole al concerto degli One Direction. E tra tappi nelle orecchie, cartelloni e collage di foto, urla e lacrime delle più deboli di cuore, i padri sono costretti a subire 3 ore – o forse, poverini, ancora di più – di concerto degli “One frescion” – sì, insomma, quelli lì, no? Com’è che si chiamano?

C’è chi inneggia alla rivolta. I tempi dei rolling stones sono troppo lontani?
Poverini, hanno tutta la nostra comprensione. Su, ce la potete fare. Finirà presto.