L’Isis ha conquistato la città siriana di Palmira, e il suo famoso sito archeologico, arrivando ad avere in mano metà della Siria. E così, per mano di chi non sa cosa sia la bellezza, la morte di un pezzo di pianeta che non ha eguali è sempre più vicina.
Palmira è conosciuta da tutto il mondo come la “sposa del deserto”, è una città Patrimonio dell’Umanità, e simbolo di un antico incrocio di culture diverse che ora rivivono nelle rovine che ancora oggi affascinano migliaia di turisti.
È stata soprannominata “sposa del deserto” per via della sua posizione strategia, snodo commerciale per le carovane del deserto dirette sia verso Oriente che verso Roma, e per il legame con l’arido territorio in cui sorge. Nel 19 d.C Palmira fu annessa alla provincia romana della Siria, ma per via della sua ricchezza e della sua bellezza riuscì a mantenere una certa autonomia, tanto da essere dichiarata città libera, neanche un secolo più tardo.
Ciò nonostante, l’influenza romana è ben evidente nei monumenti e nelle rovine come il tempio di Bel (o Baal) costruito sotto nel periodo di annessione ai romani, consacrato tra il 32 e il 38 dopo Cristo. Questo edificio è di una bellezza indescrivibile, ma secoli fa era ancora più meraviglioso: il tetto, ad oggi distrutto, distrutto del santuario era ricoperto d’oro.
Prima della guerra civile in Siria il sito archeologico di Palmira riceveva più di 150 mila turisti all’anno, ma ora le sue rovine, sotto la furia dell’Isis, andranno prima distrutte e poi dimenticate, purtroppo come tanti altri capolavori.