Nell’era dei neologismi, del cosmopolitismo e delle conseguenti commistioni linguistiche, della novità e dell’elogio della creatività, in cui tutto è moda e tendenza passeggera, il settore del marketing deve essere perennemente alla ricerca di espedienti efficaci ed intriganti.
Molte travel companies, decisamente al passo con i tempi, hanno assecondato le qualità dei nostri tempi, creando un sistema originale per sottolineare l’unicità del cliente e della propria vacanza.
Così, se si è in viaggio di lavoro, ma si vuole sfruttare qualche giorno per visitare il posto? Le agenzie proporranno un “bleasure travel”. O ancora, lui vuole fare un campeggio nella natura, lei invece vuole concedersi qualche giorno di relax? La soluzione ideale è un “glamping“, fusione delle due parole glamour e camping.
Una “gaycation” per i sostenitori delle uguaglianze gay, una “babymoon” per le coppie che vogliono concedersi un romantico apostrofo per provare ad avere un bambino o, ancora, una “playcations“, per una vacanza tutta divertimento.
Ben Zimmer, produttore esecutivo di Vocabulary.com, dice che le parole a volte bizzarre possono tornare utili. E spiega: “E’ il marketing di nicchia. Si sta cercando di fare appello a diversi settori del pubblico. Abbiamo una particolare tipologia di viaggio per voi, che ha un nome speciale“.
E sulla stessa scia parla Katherine Connor Martin, capo della US Dizionari Oxford University Press, che afferma che queste parole miste possono diventare popolari perché sono “carine e auto-coscienti”.
“La gente conia molte più parole di quante ne adotti”, afferma la Martin. “E’ difficile prevedere quale catturerà l’attenzione e quale no. Si tratta di vedere come la gente usi in realtà la parola in modo non-auto-cosciente, aspettandosi che gli altri ne conoscano il significato”.
La parola resta un veicolo fondamentale per il marketing, un mezzo in continua evoluzione e a completa disposizione della creatività. Perché in fondo ognuno di noi pretende una vacanza su misura. A partire dal nome.