Viaggiare è bello, è stimolante, talvolta folle. Viaggiare ci rende felici. Siamo viaggiatori per istinto, nomadi alla ricerca di continui spostamenti che nutrano la nostra mente, che creino nuove connessioni. Abbiamo la necessità di ampliare i nostri orizzonti, di scoprire realtà diverse, vogliamo appagare la nostra sete di scoperta, di quella fonte inesauribile di conoscenza che ci conduce al cambiamento. Ma quali sono gli effetti che il viaggio produce su di noi?
Secondo Molly Jean Williams, blogger e viaggiatrice con la V maiuscola, viaggiare comporta otto immancabili fattori che lei chiama Travel side effects.
1. Essere un vero turista
Il primo travel side effect implica la natura stessa del viaggiatore, che appena sceso dall’aereo si guarda intorno con gli occhi spalancati, tentando di catturare ogni dettaglio circostante, impaziente di conoscere la cultura e la storia del paese in cui si trova. Reflex al collo e fotografie scattate alla velocità della luce, per non tralasciare nulla, per immortalare ogni istante; qualcuno tiene ancora tra le mani la mappa cartacea, alla ricerca di luoghi nascosti in cui infilarsi, finendo per perdere la cognizione spazio-temporale.
2. Rimanere fregati in ogni dove
Non importa in quale parte del mondo ci troviamo, se siamo dei turisti ci sarà sempre qualcuno pronto ad imbrogliarci. Dalla cassiera che ci allunga il resto sbagliato, giocando sul cambio di moneta, al taxi driver disonesto che al posto di condurci alla meta desiderata in breve tempo, ci impone un tour infinito della città per aumentare il pagamento finale.
3. Perdersi
Perdersi per un viaggiatore è un must all’apparenza spiacevole, che può tuttavia riservare delle incredibili sorprese. L’imprevisto sa infatti regalarci esperienze che il programmato stenta a fare. Ed è così, che ad un tratto, ci troveremo nel punto opposto rispetto a quello prestabilito, attorniati da paesaggi mozzafiato o da luoghi che raccontano la storia del paese in cui ci troviamo, molto meglio delle zone turistiche in cui si é soliti catapultarsi.
4. Scoprire un mondo nuovo
Quello che può capitare ad un viaggiatore è trovarsi in un paese in cui usi e costumi siano totalmente diversi dai propri, oppure dove parlare l’inglese sia un optional.
Alla seconda questione si può porre rimedio, tra umani riusciamo quasi sempre a capirci, con i gesti, con i dizionari tascabili, con google traslate. Quanto alla prima, se in certi posti non ci si adatta, si può incappare in delle brutte situazioni. Specialmente se siamo in paesi in cui la religione va di pari passo con tutta la cultura del popolo.
5. Tornare a casa diversi
Viaggiare riserva esperienze talvolta destabilizzanti, e questo può indurci ad avere nostalgia di casa, della nostra comfort zone. Molly Williams è solita evitare questi inconvenienti viaggiando con due dei suoi più cari amici. Tuttavia viaggiare significa anche cambiare ed approcciarsi agli altri, mostrando una parte di noi che non siamo soliti riservare agli affetti quotidiani. Socializzare è la parola chiave a tal proposito, creare una casa “portatile” che abbia come pilastri nuove amicizie con cui vivere la nostra avventura.
6. Deludersi una volta rientrati in patria
Molly Williams sostiene che un assiduo viaggiatore, abituato a dare informazioni sulla sua nazionalità, possa rimanere deluso quando tornato a casa; nessuna nuova conoscenza che chieda “Da dove vieni?” al momento della presentazione.
7. Creare legami con altri turisti
Si crea una connessione quasi assicurata tra connazionali conosciuti in terra straniera. C’è una sorta di feeling innato basato su varie nostalgie e necessità represse.
8. Desiderare di più
“Travel is an addiction” conclude Molly Williams. Viaggiare é essenziale per formare la nostra identità, il nostro modo di essere, di vivere la vita. Viaggiare ci insegna ad apprezzare gli altri, il mondo, ma anche a rivalutare il luogo dove viviamo, costatandone i pro e i contro. Un viaggiatore ha sempre una marcia in più.