martedì, 7 Maggio 2024

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La casa sull’argine di Daniela Raimondi

Vi piacciono le saghe familiari? Allora La casa sull’argine di Daniela Raimondi è il libro che fa per voi.

Se quest’anno non sapete cosa regalare ad un lettore, per Natale, ecco il nostro suggerimento.

Se questi tempi vi stressano e volete evadere iniziate a leggere questo libro.

La casa sull’argine: storia delle generazioni

Borgo di Stellata: tutto ha inizio con degli zingari nell’800.

Alcuni carrozzoni sono costretti a fermarsi nel borgo a causa del cattivo tempo e molti alla fine vi mettono radici.

E’ inevitabile poi che i giovani del borgo e gli zingari entrino in contatto.

Tutto inizia con Giacomo Casadio, giovane ragazzo malinconico e sognare che s’innamora di Viollca Toska ragazza zingara molto determinata e con i piedi per terra.

Da qui discendono due generazioni ben delineate: i sognatori dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che raccolgono l’eredità di Giacomo, e i sensitivi, che hanno gli occhi e i capelli neri di Viollca, la veggente.

Viollca leggendo i tarocchi una volta ebbe una premonizione su tutta la famiglia: una terribile disgrazia si sarebbe tramandata da una famiglia all’altra.

Dal giorno tutti i discendenti sono messi in guardia: niente sogni, niente frivolezze o la disgrazia si abbatterà su di loro.

La casa sull’argine di Daniela Raimondi

Due secoli di storia italiana che parla di generazioni che si susseguono, di guerre, povertà, delle lotte per l’Italia unita fino agli anni di Piombo.

Un ritratto molto vivo della nostra storia, di epoche andate, di sogni ed ideali che talvolta neanche le profezie riescono a spezzare.

Ammetto che sono stata titubante: tutte quelle generazioni mi avrebbero causato difficoltà con i nomi? Sarebbe diventato tedioso alla fine?

Il romanzo scorre veloce e la linea temporale si dipana in modo semplice e lineare. Molto coinvolgente, l’ho finito in pochi giorni.

Internet is the new black (FOTO)

credits: wired.it

Alcuni di noi non erano nemmeno nati quando si parlava di ASL. E nemmeno quando i genitori più impauriti temevano che fosse necessario un trattamento sanitario obbligatorio per i propri figli la cui vita stava venendo prosciugata da quel mostro digitale di Internet. Tutti quegli adulti agitati erano già pronti a portare i loro figli all’ Azienda Sanitaria Locale, perché sì, la loro dipendenza doveva pur essere curata in qualche modo. Eppure, cari genitori, quella sigla aveva davvero poco a che fare con i camici bianchi dei medici.

ASL: Age/Sex/Location. Quando si iniziava una conversazione su un social network questa sigla era sempre il primo messaggio che veniva inviato. Poche informazioni, oltre al nome, solo l’età, il sesso e il Paese di provenienza. Erano i primi passi fatti nel mondo delle relazioni a distanza, iniziate (e pure finite) attraverso uno schermo.

Oggi, però, una cosa a quegli adulti impazienti di curare i propri figli, dobbiamo riconoscergliela: ci avevano visto lungo, anzi, lunghissimo. Perché anni dopo l’avvento di Internet e dei suoi linguaggi, alcuni andrebbero davvero curati: quelli che la popolazione incredula definisce i “temerari del web”. Dire di chi si tratta non è complicato: sono quelli che, anche nel parlato, utilizzano sigle che dovrebbero essere relegate al mondo online. Tipo quelli che invece di scrivere -o, nei casi più estremi, invece di dire- “per quanto ne sappia”, così, nel mezzo di un discorso, anche uno serio, usano un mai visto “AFAIK”, che è “as far as I know”. E tu resti così, a metà tra lo sbigottimento e la risata soffocata. Non sai se ammettere di non sapere cosa sia questa parola appena pronunciata o se fingere candidamente di non aver sentito bene.

Ecco, per evitare di rimanere spiazzati durante una conversazione è necessario conoscere le 10 sigle più usate nel linguaggio del web.

1. A.K.A.

credits: wired.it
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Qui siamo nel linguaggio colloquiale americano, ma anche inglese. AKA, abbreviazione per “also known as”, vuol dire “anche conosciuto come”. Tipo quando siete per strada e incontrate una persona che vi sta molto antipatica, alla fine, quando il peggio è passato, vi scappa un “aka Crudelia De Mon”.

2. A.S.A.P.

credits: wired.it
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Un vostro collega vi ha chiesto di controllare un progetto a cui ha lavorato o, con molto meno impegno, un vostro amico vi ha chiesto di richiamarlo. Alla fine del messaggio, trovate scritto un “asap”, ovvero “as soon as possible”, “quanto prima possibile”. Non certo la cosa più semplice da decifrare.

3. A.T.M.

credits: wired.it
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“ATM sono un po’ impegnato, ci sentiamo dopo”. La vostra espressione davanti a questo messaggio è una sola: quella di chi si sente improvvisamente spaesato. Non riuscite a capire come un punto ATM per fare un prelievo bancario e l’essere impegnato possano essere collegati fra loro. Ma no, “ATM” sta per “at the moment”, “al momento”.

4. B.F.F.

credits: wired.it
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Questo è uno dei più ricorrenti. Come didascalia alle foto, tra gli hashtag più usati, nei messaggi: insomma, “BFF” lo trovate un po’ ovunque. La sigla sta per “best friend forever”, ovvero “migliore amico/a per sempre”.

5. C.U.

credits: wired.it
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Questo vi lascia spiazzati sul serio. Non solo è una sigla inglese, ma è anche formata da un’associazione impensabile di suoni. La “C” sta per “see”, la “U” per “you”. Quando vi salutano così vuol dire che hanno in programma di incontrarvi di nuovo, vuol dire “ci vediamo“. La sigla è spesso accompagnata da una “L” o da una “S” finale, che sta per “see you later”, “ci vediamo dopo” e “see you soon”, “ci vediamo presto”. “C.U” potrebbe anche essere sostituita da “T.T.Y.L”, che vuol dire “parliamo più tardi” da “talk to you later”.

6. F.O.A.F.

credits: wired.it
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Siete stati invitati da un vostro amico a trascorrere una serata divertente insieme. Dopo aver accettato, l’amico vi scrive un messaggio in cui magicamente compare un “F.O.A.F.”. Siete stati appena avvertiti che all’uscite sarà presente anche un “friend of a friend”, “un amico di un amico”. Sarà per voi una palla al piede o una gradevole scoperta.

7. I.C.Y.M.I

credits: wired.it
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Questa sigla è difficile anche pronunciarla. La usano i temerari di internet quando devono avvisarci di qualcosa. Deriva dall’inglese “in case you missed it”, “nel caso in cui non lo sapessi”.

8. G.M.T.A

credits: wired.it
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Per quelli che tentano un approccio da bocciare immediatamente o per quelli che, semplicemente, si sentono in dovere di farci un qualche tipo di complimento, quando la stessa idea è venuta sia a voi che al vostro capo/collega/amico, la sigla scelta sarà “gmta” che è “great minds think alike”, “le grandi menti pensano alla stessa maniera”.

9. G.T.F.O

credits: wired.it
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Bene, state a sentire, quando ricevete una scritta del genere le cose non sono idilliche quanto sembrano. Chi vi ha mandato questo messaggio non vi sta esattamente invitando a bere un caffè insieme, vi sta piuttosto chiedendo di smetterla, una volta per tutte. È un’espressione che esprime indignazione di fronte ad un’incompetenza lampante ed è l’abbreviazione di “get the f**k out.

10. H.A.N.D.

credits: wired.it
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È il più carino di tutti e chi lo manda non sta facendo altro che augurarvi una buona giornata. La sigla “hand”, non è esattamente collegata alla mano, ma deriva dall’inglese “have a nice day”.

Grido femminista ai Golden Globes 2015: i momenti più salienti

Dopo il grido “Je suis Charlie” e “Not in my name” per la libertà di espressione, di certo non poteva mancare la rivalsa femminista, in particolare quella di alcune delle protagoniste della 72esima edizione dei Golden Globes 2015, svoltisi ieri a Beverly Hills.

Tolti i vincitori, protagoniste assolute sono state loro, le donne. Come? Vediamo quali sono stati i momenti più femministi della serata.

Tina Fey rompe gli standard di bellezza femminile

Tina Fey, popolare attrice comica americana, ha deriso gli uomini che hanno subito vere e proprie trasformazioni fisiche per interpretare certi ruoli e si è presentata ai Golden Globes in panni inusuali, distogliendo l’attenzione almeno per un po’ dalle bellezze del red carpet: un vero e proprio grido alla libertà di espressione femminista.

Patricia Arquette lancia il suo grido per le madri single

Patricia Arquette, che interpreta il ruolo di Avery Ryan nell’ultima serie di Csi, ha concluso i Golden Globe con il premio come miglior attrice non protagonista per il film Boyhood e un grido di rivalsa per le madri single. Il suo pensiero, davvero sentito, è andato a sua madre per averla accudita e cresciuta con le sue sole forze e a tutte quelle donne che come Olivia, si danno da fare per rendere brillante il futuro dei propri figli, anche da sole.

Femminista o no, le sue parole hanno davvero scosso gli animi.

Tina Fey e Amy Poehler lanciano la battuta più piccante a Bill Cosby

Tina Fey e Amy Poeler hanno condotto con l’eleganza che le contraddistingue questa edizione dei Golden Globes, ma non si sono fatte mancare qualche battuta. La più piccante è stata riservata a Bill Cosby, sempre più nel mirino per le recenti accuse di stupro. Le due presentatrici non hanno avuto paura di sferrare l’ennesimo colpo riferendosi alle protagoniste di “Into the woods”, in particolare la Bella Addormentata sarebbe la ragazza che credeva di prendere semplicemente un caffé con Bill Cosby.

Joanne Frogatt dà voce alle donne sopravvissute ad atti di stupro

Il mondo va così veloce che a volte ci si dimentica di soffermarsi a riflettere ed è proprio questo che Joanne Frogatt ha voluto invitare a fare con il suo discorso femminista, ma non solo. L’attrice inglese ha infatti raccontato di aver ricevuto una lettera da una donna sopravvissuta ad atti di stupro che affermava tra le righe di voler semplicemente essere ascoltata. E così è stato, poiché il grido di Joanne Frogatt è partito proprio per lei e per tutte quelle donne che hanno paura di parlare.

Amy Adams ricorda l’importanza del ruolo delle donne

Amy Adams, vincitrice del Golden Globes con il film Big Eyes, tiene a ricordare a tutti quanto sia importante che oggi le donne abbiano un ruolo importante nella società. In particolare, mossa da un principio più che femminista, afferma che è davvero fantastico che le donne oggi abbiano una voce così forte ed è contenta che sua figlia, a soli quattro anni, pur non capendo esattamente che cosa le accade intorno, possa crescere con determinati modelli.

Gina Rodriguez rappresenta l’importanza della diversità

Gina Rodriguez, con le sue origini latine, afferma con orgoglio l’importanza della diversità. Nel suo grido di rivalsa cita suo padre che quando era bambina le diceva “Today is going to be a great day. I can and I will.” (Oggi sarà un grande giorno. Posso e lo farò) e così lei risponde “Today is a great day. I can and I did.” (Oggi è un grande giorno. Posso e ho fatto.)

Tina Fey puntualizza quanto impressionante siano Amal e Clooney

Amal interpreta il ruolo di un avvocato che lavora sul caso Enron e opera come consulente per Kofi Annan, designata ad una commissione di tre persone per investigare sulle violazioni di guerra emerse sulla striscia di Gaza, mentre suo marito Clooney è davvero un attore da trofeo.
Si tratta del primo red carpet insieme per i due attori e Amal rappresenta di certo una bella rivincita femminista.

Jill Soloway, creatore di Transparent pone l’attenzione sulla discriminazione subita dai trans

Accettare il diverso è un’azione che non tutti sono in grado di compiere, soprattutto in una società ancora pervasa dai pregiudizi ma con persone come i genitori di Jill Soloway, che hanno deciso di uscire allo scoperto e rivelare la propria natura trans.
Jill Soloway dedica il suo premio non solo a loro ma anche a Leelah Alcorn e molte persone trans che muoiono troppo giovani.

A favore dei trans si esprime anche Jeffrey Tambor per consertirle di essere parte del cambiamento.

Lily Tomlin e Jane Fonda disapprovano il detto che le donne non siano divertenti

Lily Tomlin e Jane Fonda se la prendono in maniera ironica con chi afferma che le donne non siano divertenti nei ruoli comici e pongono l’attenzione sugli uomini, rilanciando la stessa battuta.

Di certo non è mancato il fervore femminista, ma per chi meriti di più il premio per la comicità la gara è ancora aperta.

Maggie Gyllenhaal rompe l’idea che tutti i ruoli per donne debbano rappresentare carattere forti

Chi dice che la donna in tv debba essere una donna di potere? Maggie Gyllenhal guarda le donne sedute in sala e puntualizza come molte di loro abbiano interpretato ruoli diversi, a volte potenti, a volte sexy, a volte onorevoli, tutt’altro che sempre forti. Si tratta per lei, più che per ogni altra, di una vera e propria rivoluzione femminista.

Il premio a Julianne Moore è la prova che le storie di donne più anziane devono ancora essere raccontate

Il mondo ci insegna che essere belle e giovani è una vera e propria virtù ma forse non quando si tratta di cinema. Il premio a Juliannne Moore come miglior attrice nel film drammatico Still Alice dimostra come le storie di donne più anziane siano degne di essere raccontate.

Credere in se stessi: come ti creo il guru

Credere in se stessi

Credere in se stessi: come ti creo il guru. Questo articolo non è un manuale, è solo un’idea.

Nella nostra società siamo tutti in cerca di un guru, di un maestro, una motivazione: qualcosa che ci aiuti a credere in noi stessi e che ci dia la spinta.

Troppe volte abbiamo sperimentato ansia, panico, depressione, infelicità e abbiamo disperatamente cercato qualcosa o qualcuno a cui aggrapparci. In oriente ci sono i guru, i maestri di vita, che insegnano la loro saggezza agli allievi che cercano la strada.

A ben pensarci ognuno di noi ha un guru, qualcuno che c’ispira e che ci ha aiutato a migliorare e a guarire in certe situazioni. Solo che non è necessariamente sempre una persona.

Credere in se stessi: la ricerca di guru

Avete trovato il maestro o lo state cercando? Perchè non crearne uno?

Troppo difficile? In realtà no. Certo se si tratta di una persona tanto meglio, possiamo porre domande e ricevere risposte ma un guru può essere anche un’ispirazione, frasi, musica, libri che ci aiutano ad attraversare la vita senza perdere i nostri obiettivi, senza impantanarci o almeno riuscendo ad uscirne.

Credere in se stessi: i miei esempi

Il concetto di guru mi è sempre stato chiaro, solo dove trovarne uno? Devo andare in India? Devo cercarlo nei corsi di yoga? Sì potrebbe essere un’idea, ma io ho scelto dei guru diversi: i libri.

Due libri in particolare mi aiutano quando ho bisogno di ricordarmi di alcune lezioni di vita: Le lezioni di Madame Chi di Jenniffer Scott e Benvenuta in paradiso di Terry McMillan.

Sono dei guru un po’ buffi lo so, ma mi aiutano molto: in entrambi ritrovo sempre una guida su come varrebbe davvero la pena di vivere con passione, gusto, risate e un poco di follia dosata al giusto quantitativo di ordine.

Tutto questo mi ricorda che credere in se stessi è il primo passo per uscire dai problemi e per godersi la vita.

Quali sono i vostri guru?