venerdì, 5 Dicembre 2025

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Accadde oggi: nel 1889, a Parigi s’inaugura la Torre Eiffel (FOTO)

Credits: www.musement.com

Parigi, 31 marzo 1889. In occasione dell’esposizione universale venne inaugurata la Torre Eiffel, che verrà poi aperta al pubblico a partire dal 6 maggio. Il critico Edmond de Goncourt la definì: “un faro abbandonato sulla terra da una generazione scomparsa, da una generazione di giganti”. Costruita da Alexandre-Gustave Eiffel, la Tour è rimasta per molti decenni il simbolo del primato dell’ingegneria francese, mentre oggi rappresenta il suo prestigio a livello mondiale. Insomma, se andate a Parigi la prima tappa obbligatoria è visitare la Torre Eiffel. Ecco qualche curiosità per celebrare il suo compleanno ultra centenario.

Nel 1987 il progetto dell’ingegnere francese Alexandre-Gustave Eiffel venne scelto tra le centinaia di proposte presentate al governo francese per l’esposizione universale. Ci vollero circa due anni per completare la realizzazione della Tour, alta 324 metri. Specializzato nella costruzione di ponti metallici, Eiffel godeva già di una modesta fama, essendo il costruttore dell’interno della Statua della Libertà di New York.

Photos credit: wikipedia.org

Inizialmente criticata per la sua bruttezza estetica e non adatta per una città raffinata e moderna come Parigi, il governo pensò di smantellare la Torre Eiffel dopo l’Esposizione. Tuttavia l’idea venne subito accantonata quando si scoprì la sua utilità per la trasmissione radio, la nuova scienza che faceva capolino all’alba del novecento. Inoltre, molti stranieri si recavano a Parigi per ammirarla e questo favorì il primo flusso turistico della città. Sono circa 300 milioni le persone che sono salite sulla Torre Eiffel, costruita con 18.038 pezzi di ferro e 2,5 milioni di bulloni. I visitatori hanno due scelte per poter salire fino in cima: percorrere i 1665 scalini oppure usare i due ascensori trasparenti, rimasti uguali dal 1889. La struttura è divisa in tre livelli aperti al pubblico.

Qualche curiosità: nel 1925 la Torre Eiffel viene illuminata sulle quattro facciate con un’enorme scritta luminosa per far pubblicità ad André Citroën e alla sua fabbrica di automobili. Nel 1930 la struttura parigina perse il titolo di struttura più alta del mondo, quando a New York fu completato il Chrysler Building. La Torre è aperta al pubblico, ma l’unico visitatore che non potette vederla fu Adolf Hitler, venuto a Parigi durante la seconda guerra mondiale. I francesi disattivarono gli ascensori, dicendo che era impossibile trovare un pezzo di ricambio, e quindi l’unica possibilità per accedervi era salire i 1665 gradini fino in cima. Tuttavia, dopo la partenza dei nazisti, gli ascensori tornarono attivi.

La storia dei fuochi d’artificio e di come sono arrivati in Occidente

Oggi parliamo di fuochi d’artificio? Dove sono nati? Hanno una storia davvero affascinante che parte dalla Cina, circa nel VII secolo. Gli antichi cinesi inventarono i primi esplosivi per tenere lontani gli spiriti maligni e per festeggiare eventi speciali. Usavano una miscela di sale nitrato, carbone e zolfo, creando uno spettacolo visivo e sonoro che lasciava tutti a bocca aperta. Con il tempo, questi show pirotecnici divennero molto popolari, specialmente durante le festività.

La Via della Seta e l’arrivo in Occidente dei fuochi d’artificio

Man mano che i secoli passavano, i segreti della pirotecnica si diffusero lungo la Via della Seta. Mercanti e esploratori europei, affascinati da queste meraviglie, portarono in Occidente le tecniche di produzione dei fuochi artificiali. Già nel XIII secolo, questi spettacoli iniziarono a comparire in Europa, dove venivano utilizzati per festeggiare eventi importanti, battaglie e celebrazioni religiose.

Il Rinascimento e il grande sviluppo

Durante il Rinascimento, l’uso dei fuochi esplose letteralmente. Artisti e ingegneri iniziarono a perfezionare le tecniche, creando effetti sempre più spettacolari. Le corti nobili europee non potevano rinunciare a questi eventi grandiosi, e i fuochi divennero il clou delle celebrazioni. In Italia, il termine “fuochi d’artificio” ha preso piede proprio in questo periodo.

Un’esplosione di popolarità

Arriviamo al XVIII secolo, quando i fuochi pirotecnici hanno raggiunto il loro massimo splendore. Le città europee cominciarono a organizzare festival dedicati, e i fuochi divennero parte integrante di celebrazioni storiche come la Rivoluzione francese. Ogni evento era un’occasione per stupire il pubblico con colori e suoni mozzafiato.

Oggi, i fuochi sono un simbolo di festa in tutto il mondo. Da Capodanno al Giorno dell’Indipendenza, continuano a incantare le persone di tutte le età. Questa tradizione millenaria, che si è evoluta nel tempo, rimane viva e ci regala momenti di gioia e meraviglia.

Leggi anche: Fuochi d’artificio vicino a me, normative e sicurezza

Ice Bucket Challenge: ecco cos’è successo da quando è nato

Credit photo: www.huffingtonpost.com

È già passato un anno da quando Chris Kennedy ha pubblicato un video su YouTube. Non un video qualunque, ma quello che è considerato come il primo dell’Ice Bucket Challenge, ve lo ricordate? Milioni tra vip e persone normali giravano video in cui si rovesciavano addosso – da soli o grazie ad altri – un secchio di acqua ghiacciata, nominando poi altre persone ad effettuare lo stesso rituale.

Quella che doveva essere una buona e allo stesso tempo divertente causa per donare fondi per la ricerca di una cura della SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, è però diventata una moda, che nei mesi successivi ha invaso tutti i social network.

Anche se non mancano quelli che veramente hanno aperto il libretto e firmato un assegno per cercare che questo sogno di guarigione diventi finalmente realtà. Perché – purtroppo – ad oggi la SLA non si può prevenire e non conosce cure.
Si conta che dal 29 luglio al 15 settembre dello scorso anno 2,5 milioni di persone hanno consegnato all’Assocazione circa 115 milioni di dollari. Un importo molto importante, forse uno tra i più grandi collegato ad un disastro o ad un’emergenza.
Cosa è stato di tutti questi soldi? Sono già stati usati? Come verrà speso il denaro ancora inutilizzato?

Partiamo dalla percentuale più alta: il 67%, ossia 77 milioni di dollari, andrà alle ricerche orientate verso l’identificazione di trattamenti o di una cura per curare e prevenire la SLA. Questa malattia, infatti, tende ad uccidere i pazienti entro 5 anni dalla diagnosi e, per ora, sul mercato esiste solamente un farmaco che aiuti a prolungare la vita delle persone affette.

Al secondo posto troviamo la quota di 23 milioni di dollari che sarà utilizzata per i servizi dei pazienti e delle comunità, aiutando tutti coloro che sono costretti a vivere con la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Per questo, sarà comprato più equipaggiamento, come ascensori e sedie a rotelle, che aiutino i pazienti a vivere una vita il più normale e tranquilla possibile.

I restanti 15 milioni saranno usati per la formazione – 10 milioni – la raccolta di fondi – 3 milioni – e 2 milioni per le spese di gestione per le transazioni con carte di credito e sul web dovute ad un aumento di visitatori della pagina grazie all’Ice Bucket Challenge del 2014.

Lo scorso anno, infatti, è stato fondamentale per far conoscere meglio la SLA e l’Associazione che se ne occupa. Quest’ultima vorrebbe che ci fosse un altro anno come il 2014, tanto che penserebbe anche di rilanciare l’Ice Bucket Challenge nel mese di agosto, sperando che i risultati siano anche migliori dei precedenti. Anche perché, secondo un sondaggio condotto da Treato su 500 persone il 14% che ha partecipato alla famosa “secchiata d’acqua” dichiara di voler donare “molto probabilmente” e il 50%, invece, si ritiene “abbastanza probabile”.

Di certezze, purtroppo, ce ne sono ancora pochissime.

Inside Out: gli effetti delle emozioni sui bambini

credits photo: cinequanon.it

Chi non ha visto Inside Out? Se siete fra quei pochi che ancora hanno dubbi correte ai ripari. Ne vale davvero la pena anche solo per i suoi effetti positivi. Il nuovo film di animazione della Disney, record di incassi al botteghino, porta infatti alla luce e descrive emozioni come tristezza, gioia, rabbia, disgusto e paura. E conoscere le emozioni fa bene.

A trarne beneficio sono soprattutto i bambini dai due anni in su che, conoscendo le emozioni, diventano più empatici ed altruisti. A confermarlo è uno studio condotto dall’Università Milano-Bicocca e pubblicato sulla rivista ‘Infancy’.

I centocinque bambini presi in considerazione frequentano 7 asili milanesi e hanno un’età compresa fra i 2 e i 3 anni. Sono stati divisi in due gruppi, uno di controllo e uno sperimentale.

I bambini che appartenevano al gruppo sperimentale hanno ascoltato a rotazione, per due mesi, otto storie con un alto contenuto emotivo. I racconti si concentravano, in particolare, sulla rabbia, sulla felicità, sulla tristezza e sulla paura dei protagonisti.

Dopo i mesi di ascolto i bambini hanno partecipato a delle conversazioni guidate in cui si venivano esortati a esprimere emozioni e a parlare di quelle provate dai protagonisti, capirne le cause e imparare come regolarle. Anche i bambini appartenenti al gruppo di controllo hanno ascoltato alle otto storie, ma non hanno partecipato alle conversazioni guidate. Sia prima che dopo le storie i bambini hanno svolto dei piccoli giochi e compiti che permettevano di valutarne le abilità linguistiche e socio-emotive.

Infine i bimbi sono stati osservati, attraverso videocamere, in situazioni normali e spontanee. Ciò ha permesso di dimostrare che i bambini appartenenti al gruppo sperimentale avevano migliorato le abilità socio-emotive e aumentato l’altruismo e l’empatia.

Ilaria Grazzani, docente di psicologia e coordinatrice dello studio, e Veronica Ornaghi, assegnista di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca, hanno affermato che ‘I risultati di questa ricerca, la prima a essere stata condotta al nido con bambini di due anni allo scopo di incrementare abilità socio-emotive e prosociali, hanno importanti ricadute applicative. Abbiamo infatti validato una nuova proposta di attività, che può essere inserita nei percorsi educativi dei bambini frequentanti i contesti educativi per l’infanzia’.