lunedì, 24 Marzo 2025

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William e Kate Middleton usano falsi nomi per viaggiare lontano dai riflettori

Il principe William e la Duchessa di Cambridge, Kate Middleton, hanno cercato di viaggiare in incognito: il loro volo di ritorno a casa dopo il “tour” di tre settimane è stato infatti prenotato usando gli alias Mr e Mrs Jones.
La loro copertura è però saltata: la coppia reale pensava di poter fare il check-in con 90 bagagli e passare inosservato. Ovviamente non è successo.

Per di più il peso delle loro valigie era aumentato rispetto al viaggio d’andata per via di tutti i regali che sono stati fatti al Prince George durante il viaggio.

Da ricordare che non è la prima volta che la coppia reale cerca di viaggiare al riapro dai riflettori utilizzando un nome comune inglese. Nel 2009, per esempio, i due hanno usato lo pseudonimo di Mr e Mrs Smith al momento della prenotazione in una casa vacanza in Cornovaglia per festeggiare il 27esimo compleanno di William.

Una fonte ha dichiarato al Sun “it was funny that they used such common British names. Even Prince George was Baby Jones. But it did seem a bit daft as everyone knew it was them”.

I reali inglesi non sono le uniche persone di alto profilo che cercano di viaggiare in incognito, utilizzando un nome falso. Durante un controllo in un albergo, la cantante Fergie utilizza riferito il famoso Penny titolo canzone dei Beatles Lane, mentre Kate Beckinsale aveva fatto un gioco di parole con Sigourney Beaver, e Lyndsay Lohan era passata inosservato lasciando il nome di Bella Lovelace. Per non parlare di alcune star che usano nomi Disney per non farsi riconoscere, come Kim Kardashian che di solito sceglie lo pseudonimo di Principessa Jasmine, e Paris Hilton che fa spesso il check-in come Tinkerbell.
Un po’ di privacy è legittima, per tutti.

[Credit: DailyMail]

#ioleggoperchè, si celebra la giornata mondiale del libro (EVENTO)

giornata mondiale del libro

Come ogni anno dal 1996 anche domani, il 23 Aprile, si celebra la giornata mondiale del libro e del diritto d’autore. La giornata è promossa dall’UNESCO ed è l’occasione per celebrare il ruolo del libro nella società moderna ed anche per proporre una riflessione circa le politiche culturali dove sempre molto importante rimane l’educazione alla lettura e il ruolo delle Biblioteche, soprattutto nell’era dei social e degli ebook.

La giornata mondiale del libro nasce sulla base di una tradizione catalana, adottata poi ufficialmente dall’UNESCO con la risoluzione del 15 Novembre 1995. L’obiettivo che la Conferenza Generale si era prefissata era quello di incoraggiare a scoprire il piacere della lettura e valorizzare il contributo degli autori nel progresso sociale.
Perché proprio il 23 Aprile? Una strana coincidenza ha portato a scegliere questa data per celebrare il libro, il 23 Aprile 1616 infatti è il giorno della morte di tre grandi autori: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Inca Gacilasco de la Verga.

Tante le iniziative e gli eventi che si svolgeranno domani in occasione della giornata mondiale del libro. Qui vi vogliamo parlare in particolare dell’iniziativa #ioleggoperchè promossa dall’Associazione Italiana Editori in cui i protagonisti sono i libri e i lettori. L’obiettivo è stimolare i potenziali lettori, cioè chi proprio non legge o legge molto poco. Come funzionerà #ioleggoperchè? Il 23 Aprile verranno affidati 240.000 libri a migliaia di appassionati i Messaggeri, che a loro volto affideranno i libri ad altri futuri lettori in tutta Italia.

I Messaggeri infatti incontreranno le persone a cui affidare i libri in tantissimi luoghi come uffici, Università, bar, treni e librerie e soprattutto nel grande evento #ioleggoamilano che sarà diffuso in diretta TV. La sera del 23 Aprile una libreria a cielo aperto sarà il set per un evento trasmesso da RAI 3 e che coinvolgerà scrittori, musicisti, attori e tanti amanti della lettura con l’intento di condividere questa grande passione.

La filosofia dell’aloha

credits: www.love-loft-life.com

Alle Hawaii, così come in Oriente e Occidente, è stata creata una filosofia di vita: la filosofia dell’aloha. Aloha, al contrario di come si può pensare, è una parola che indica non solo il tipico saluto dell’isola, ma forma un intero sistema di pensiero: aloha per dire ciao e arrivederci, ma anche, aloha per indicare uno stile di vita fatto di buone intenzioni.

Come sappiamo le isole Hawaii si possono paragonare ad un vero e proprio paradiso terrestre e per spiegare questa filosofia occorre proprio partire dalla parola Hawaii. Più precisamente: “ha” indica il soffio vitale che è all’origine della creazione, “wai” è l’acqua sacra simbolo della vita e della prosperità, “i” è una particella che enfatizza l’azione del passato.

credits: thefielder.net
credits: thefielder.net

Alla base di tutto c’è Haumea, la madre terra, intesa come natura in tutte le sue manifestazioni, e il Pono, l’armonia con cui l’essere umano interagisce con Haumea, è importante saperne cogliere l’Akua, lo spirito che scorre in tutte le cose, compresi gli esseri umani. Qui interviene Aloha cioè la condivisione dell’energia vitale nel momento presente.
Avendo chiarito i concetti di base, possiamo spiegare in cosa consiste effettivamente la filosofia dell’aloha.

L’aloha implica che l’organizzazione familiare non sia chiusa ma aperta. Questo rinforza il legame tra tutte le componenti della società hawaiana dove tutti sono responsabili dell’educazione dei ragazzi.
Infatti le antiche popolazioni delle isole erano fedeli ad una struttura sociale (Ohana) in cui tutti gli adulti e tutti gli anziani indipendentemente dal sesso, venivano considerati dai bambini come nonni (Tutù).

La filosofia implica i massaggi. I bambini quando crescono e sono pronti ad entrare nella vita adulta, non affrontano il rito di passaggio con particolari imprese ma con un massaggio.
Ragazzi e ragazze vengono lasciati alle cure del maestro (Kahuna) che con una serie di massaggi lascia emergere delle componenti cosmiche che si annidano all’interno di ogni individuo, che nel frattempo deve imparare a maneggiare la propria energia interiore (Mana); l’energia interiore permette di generare amicizia, unità, la capacità di amare e di essere amati, quindi la cooperazione con gli altri individui.

Infine l’aloha implica la guerra anche se in modo poco convenzionale. Di solito tutte le popolazioni addestrano guerrieri, mentre alle Hawaii non è così poiché l’etica dell’aloha non è violenta, insegna la compassione e la comprensione reciproca; la violenza e la guerra sono contrari al principio dell’abbondanza che si ritrova nella stessa parola Hawaii.

Tristezza: un’emozione importante (FOTO)

credits photo: 100hdwallpapers.com

Tristezza, l’emozione più bistrattata e meno rispettata di tutte. Ce la immaginiamo più o meno come in ‘Inside Out”: blu, viola, comunque scura, o di un colore che odiamo, bassa, cicciottella e brutta, così come vediamo noi stessi in preda ad essa.

La evitiamo il più possibile, come la peste. È assolutamente vietato essere tristi. Perché sin da piccoli ci hanno abituato ad inseguire la felicità, a dover essere allegri e spensierati ad ogni costo. E la tristezza diventa solo una debolezza da nascondere, da rinchiudere in un cerchio, che provoca un senso di colpa che ci spieghiamo con difficoltà.

Ma che cos’è la felicità senza un po’ di tristezza? Semplice allegria, qualcosa di cui godere sul momento, che si accantona facilmente e che si perde tra altri mille ricordi. Niente di fondamentale, insomma non un “ricordo base”.

credits photo: youtube.com
credits photo: youtube.com

Questo perché la tristezza è importante, essenziale oserei dire. È la tristezza che ci rende profondi, introspettivi ed empatici con gli altri. Che ci far riflettere, ci fa comprendere cosa è davvero importante e cosa non lo è. Che ci connette con il nostro io più vero e ci permette di esplorare lati celati ed inespressi della nostra personalità a cui non diamo mai peso. È la tristezza che rende la gioia importante.

Bisognerebbe imparare a convivere con gli attimi di tristezza, senza dover per forza crogiolarcisi dentro. Forse da piccoli dovrebbero insegnarci che a volte è giusto essere un po’ tristi. Che va bene provare questa emozione, proprio come la gioia, il disgusto, la rabbia e la paura. Che è un’emozione affrontabile senza affondarci dentro, che non ci annienta ma ci fortifica. Che può essere gestita. Che passa, come tutto. E che la gioia, grazie a lei, tornerà a brillare come prima, se non di più.