“Il nostro stile di vita comporta dei rischi. Ci sono tempeste in mare, malattie in località remote, momenti da brivido. Rischiamo salvataggi e abbiamo conosciuto persone che hanno perso le loro barche e altri che hanno perso la vita“. Sono le parole di chi non ha idea di cosa sia un paio di piedi fermi sulla terra; sono le testimonianze di chi ha deciso di trascorrere la propria vita sulle onde, nel mare, sulle barche a vela, attraverso mille acque diverse, rischi e pericoli ogni giorno, paura e adrenalina. Sembra essere il modo migliore per crescere ed educare i propri figli.
I marinai Eric e Charlotte Kaufman navigavano con loro nave, la Lebel Heart, dal Messico alla Nuova Zelanda, con le loro giovani figlie Lyra, di un anno, e Cora, di tre, quando, a 900 miglia nautiche dal Messico, hanno fatto una chiamata di emergenza alla Guardia Costiera: la loro figlia più giovane si era gravemente malata, la potenza del motore della barca diminuiva e lo sterzo funziona male. La situazione era di emergenza.
La famiglia Kaufman vive nel mare. La Rebel Heart è la loro casa. Hanno scelto di vivere una realtà diversa, originale, metter su famiglia tra le onde e crescere nel mare i propri figli.
“Mio marito ed io abbiamo navigato per tre anni e mezzo, oltre 12.000 miglia, attraverso 10 paesi, prima di arrivare in un porto straniero e avere un figlio – raccontano Diane Selkirk e suo marito Evan con la loro figlia Maia – A 12 anni di età, Maia ha raccolto più ore di navigazione che di shopping, ha più familiarità con le stelle nel cielo che con le App degli smartphone o le news dei tabloid. Lei è elegante e sicura di sé, in non piccola parte a causa della sua infanzia non convenzionale. Come i Kaufman, siamo parte di una rete internazionale di famiglie che vivono su “barche/navi da crociera, crescono lì. Esistono anche delle campagne di raccolta fondi per aiutare le famiglie con le spese, e in particolare i Kaufman, in quanto la loro barca era la loro casa e l’hanno persa in un battibaleno.
Quanto rischio? C’è troppo rischio? Domande che possiamo porci tutti i giorni. “Conosco un sacco di gente pensa che siamo egoisti – possiamo e non vogliamo rinunciare al nostro stile di vita avventuroso per fare ciò che è meglio per il nostro bambino. Ma la maggior parte di noi genitori in barca hanno scelto di intraprendere viaggi con i bambini perché si vuole condividere il viaggio della vita con loro”, commentano ancora.
La ricerca dell’Università di Harvard sostiene che le esperienze della prima infanzia sono biologicamente integrate con lo sviluppo di altri sistemi di organi e cervello e hanno un impatto importantissimo sull’apprendimento, sul comportamento e sulla salute mentale. Per i ragazzi più grandi ci sono altri benefici, misurabili in una maggiore autostima e un maggior senso di indipendenza.
I bambini che vivono l’esperienza del mare e crescono sulle navi assieme alla loro famiglia è assolutamente positiva: si imparano linguaggi comuni, culture e tradizioni di paesi sconosciuti e lontanissimi, si apprezzano le cose più semplici, si vive il lavoro di squadra e la collaborazione. “La semplice risposta a chi ci accusa di mettere nostra figlia in pericolo è che questa vita è il miglior regalo che sappiamo darle. È meraviglioso arrivare in un paese straniero, vedere la terra lentamente mentre rivela i suoi segreti. Stiamo lasciando che nostra figlia scopra cosa significa esplorare. Sì, c’è grande rischio, ma ci vuole coraggio”.