Dai vermetti nella tequila al sangue bovino in certi vini o alle uova in alcuni cocktail, anche le bevande possono presentare degli ingredienti che metterebbero in difficoltà qualsiasi vegano.
A partire dal 2016, però, ce ne sarà una che smetterà di dare problemi. All’inizio di Novembre, il Mese Vegano Internazionale, la Guinness, l’arci-nota distilleria irlandese con sede in Dublino da 246 anni, ha annunciato che non adotterà più un processo di rifinitura (una specie di procedimento di filtraggio) a base di colla di pesce, la proteina gelatinosa ricavata dalla vescica dei pesci.
La colla di pesce sarebbe l’ingrediente essenziale per rendere la birra schiumosa: le proteine in essa presenti, infatti, legano insieme quanto si accumula sul fondo del barile di birra agevolando lo scarto dei sedimenti, dando alla birra quella tipica chiarezza che è il marchio tipico di una pinta di qualità.
In realtà, però, tutto quel che la Guinness ha fatto è stato mettersi a giorno con l’intera produzione di birre nel Regno Unito, che da parecchio preferisce la birra priva di ingredienti animali.
In primis, per una questione di sapore: come è noto presso le più antiche distillerie, la birra non rifinita è ottima, perché la colla di pesce non rimuove quegli olii naturali che le conferiscono un gusto corposo e vellutato.
In secondo luogo, c’è da dire che la tecnologia è andata avanti: gli impianti delle distillerie moderne e una manutenzione accurata fanno sì che la birra possa risultare chiara già di per sé, senza nessun altro processo aggiuntivo.
Troppo spesso, le grandi distillerie commerciali, per le quali sono i costi quelli ad essere tenuti in considerazione per primi, utilizzano la colla di pesce e altri prodotti di derivazione animale come la gelatina, perché si tratta di alternative economiche all’attesa o all’uso di ingredienti veg come il Protofloc, una specie di muschio.