domenica, 19 Maggio 2024

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USA, affetti da disturbi mentali coloro che si fanno i selfie

Credit Photo: www.cool-prints.com

Arriva dagli USA la notizia che porrà molti di noi di fronte ad un grande interrogativo: sono affetto da sefite, o no?

Secondo l’American Psychiatric Association il fenomeno selfie è un vero e proprio disturbo mentale.
La diagnosi parla chiaro: questo disturbo manifesta mancanza di autostima e lacune nella propria intimità.
La nuova patologia – selfitis, selfite – colpisce, quindi, coloro che tentano di compensare una mancanza e, di conseguenza, abusano di altro. In questo caso di autoscatti.

In gruppo o da soli, c’è chi del selfie ne ha fatto uno stile di vita.
Complici innumerevoli App, prima fra tutte Instagram, e l’istantaneità dei nostri smartphone, abbiamo attraversato diversi stadi di selfite.
È ormai lontana l’era del foodstagramming in cui sembrava non potersi godere il proprio pranzo senza prima averne postato una foto sul web, ma la mania non cambia.
Cambiano i soggetti: adesso è il momento della piena rappresentazione di sé.
Abbiamo visto persone avvolgere il proprio volto con del nastro adesivo per scattare un sellotape, coppie immortalare il proprio selfie after sex, e aldilà di qualche – poche – iniziativa di spessore come quella no make up selfie, il fenomeno dell’autoscatto sembra esserci sfuggito di mano.

Al punto che l’American Psychiatric Association ci fornisce addirittura una scaletta per valutarne la gravità.
Con il termine selfitis borderline vengono indicati coloro che fotografano se stessi almeno tre volte al giorno, ma dopo non rendono pubblico l’autoscatto; quelli, invece, affetti da selfite acuta scattano tre fotografie e le postano tutte sul web; coloro che, infine, non resistono alla tentazione di immortalare la propria immagine per un numero di selfie pari o superiore ai sei sono definiti i selfitis cronici.

Nell’era digitale, quella in cui lo scambio di emoticons ruba il posto allo scambio di emozioni, la nostra community di amici virtuali riesce a sopperire senza lacune – apparenti – alla cerchia di amici fidati, ed è possibile colmare le distanze in tempo reale, al punto che una video chiamata sembra non far sentire il peso del non potersi parlare guardandosi negli occhi, anche la nostra immagine è finita nel baratro dell’istantaneità 2.0.

C’è chi, invece, attraverso i selfie riesce a sponsorizzare articoli e fare del sano ed efficiente marketing, riferendosi ad un pubblico di potenziali acquirenti che, del resto, è sul web che cerca i propri bisogni primari e non. Questa strategia di vendita non si può considerare una patologia. Ma riguarda una percentuale limitata di persone a cui è rivolto lo studio condotto negli USA.

Dunque: si selfie chi può, ma con con moderazione.

I tweet dei genitori che raccontano dei loro bambini (FOTO)

Credit: www.boredpanda.com

Avere dei figli per molti rappresenta l’inizio di una fantastica, nonché impegnativa avventura.
Pannolini da cambiare, pranzi e cene da preparare, strilla da placare, insomma per i genitori il lavoro non finisce mai, anzi possiamo dire che cominci veramente solo all’interno delle mura domestiche, dove c’è sempre qualcosa da fare.

Twitter, in virtù di questo, ha visto la nascita di un nuovo hashtag #FunnyParents dedicato a tutti i genitori che vogliano condividere con il mondo le loro esilaranti avventure fatte di risposte agghiaccianti o fatti di vita vissuta che ogni genitore deve affrontare nel massimo della comprensione e della pazienza, il tutto con estremo amore ovviamente.

Di seguito vi mostriamo i tweet più divertenti e vi ricordiamo che su Boredpanda è possibile vedere la raccolta al completo, poiché i genitori continuano a postare i loro screen con una certa regolarità sul sito dedicato.

Se i ragazzi imitassero le ragazze su Instagram (FOTO)

Credit photo: www.boredpanda.com

Ormai Instagram, il famoso social network che raccoglie foto di milioni e milioni di utenti, ha invaso totalmente le nostre vite. Tutto ciò che facciamo deve essere fotografato, per essere subito postato, con tanto di hashtag per avere il maggior numero di like: dalla colazione alla corsetta pomeridiana insieme alle amiche, dalla giornata al mare alla serata passata in casa a guardare un film. Senza dimenticarci delle foto alle insalate, ai gelati e ai bicchieri di vino, magari bevuti mentre si fa un bagno rilassante tra le bollicine del bagnoschiuma.

A volte, però, non ci accorgiamo che la situazione ci sta davvero sfuggendo di mano: quelle che dovrebbero essere belle fotografie si trasformano in qualcosa di costruito, fino ad arrivare a sfiorare il ridicolo. Soprattutto quando gli hashtag #selfie, #bff, #followforfollow, #likeforlike, #foodporn e chi più ne ha più ne metta occupano quasi metà della home.

A farci rendere conto di quanto a volte le nostre foto possano essere – almeno un pochino – imbarazzanti ci ha pensato un gruppo di ragazzi che ha creato un nuovo account su Instagram dal nome “Bros Being Basic“. L’idea, nata dopo che una loro amica ha postato una sua immagine con l’hashtag #ootd – outfit of the day, ovvero look della giornata – ha come scopo quello di prendere in giro le foto delle ragazze che sommergono le bacheche di Instagram, pensando a come sarebbero se a farle fossero i ragazzi. L’effetto sarebbe lo stesso?

A voi il giudizio: ecco, nella gallery, qualche post del nuovo account.

La scienza ci giustifica continuamente

Credits: www.liberidileggere.com

Diffidate dalle persone che non arrossiscono”, “I ritardatari sono efficienti e ottimisti”, “Bisogna essere intelligenti per essere pigri“. L’incipit di questi studi sull’argomento parano chiaro: la scienza ha iniziato a trovare spiegazioni empiriche che giustifichino comportamenti universalmente riconosciuti come “sbagliati”.

Quindi provare imbarazzo e preoccuparsi, secondo i ricercatori del Journal of Personality and Social Psychologist, sarebbe un segno di affidabilità e di interesse per chi si ha intorno, un segno di non egoismo. Essere costantemente in ritardo, invece, non comunicherebbe al mondo la nostra scarsa affidabilità, secondo il professor Salvatore Di Salvo, psichiatra e presidente dell’Associazione per la ricerca sulla depressione di Torino, ma al contrario rivelerebbe ottimismo ed efficienza grazie alla calma e alla pacatezza che avrebbero tali individui. Anche la pigrizia sarebbe da non stigmatizzare ma, invece, sarebbe un rivelatore di buon senso dimostrando, secondo i dati del Current Biology, che il cervello è programmato per ridurre al minimo il consumo di energia. E che quindi essere pigri sarebbe un istinto naturale dei più furbi.

Tutte queste ricerche sembrano voler ribadire con forza che ciò che ai più sembra sbagliato può essere invece una scelta furba o un comportamento più naturale di un altro. La scienza riscopre il suo lato umano, e trova una maniera differente per essere vicina alle persone, ricordandoci che ,comunque, così come esistono le regole, ci sono anche le eccezioni e che ad essere tutti uguali non c’è gusto.
Quindi si, la scienza trova giustificazioni, ma solo per chi non ricorda che siamo tutti umani: volubili, complicati, ritardatari, puntuali, in imbarazzo, sicuri di sè, pigri e super attivi, tutte queste cose e nessuna. Unici.