La quinoa è una pianta erbacea, i cui semi macinati forniscono una farina con molto amido, che le consente di essere classificata come un cereale, nonostante non appartenga alla famiglia botanica delle graminacee. Per millenni è stata l’elemento base di tutta la popolazione delle Ande e da cibo povero è diventata un ingrediente pregiato utilizzato dagli chef.
La quinoa ha la capacità di adattarsi a climi e ambienti ecologici differenti. Resistente alla siccità, può crescere in terreni poveri e con alto tasso di salinità. La sua coltivazione, oltre che in Bolivia, Perù, Ecuador, Cile, Colombia ed Argentina, è oggi diffusa anche negli Stati Uniti, in Canada, in Francia, nel Regno Unito, in Svezia e in Danimarca. Il Direttore generale della FAO ha dimostrato che in Kenya e in Mali la coltivazione sta dando notevoli frutti. Studi preliminari mostrano che la quinoa potrebbe essere coltivata anche sull’Himalaya, nelle pianure del nord dell’India, nel Sahel, nello Yemen ed in altre regioni aride del mondo.
La produzione di quinoa in Italia mostra dei limiti a causa delle elevate temperature estive, della maggiore piovosità e dell’elevata umidità atmosferica. Mentre si studia il genotipo che si adatta meglio ai nostri ambienti, stanno sorgendo dei piccoli appezzamenti tra Avellino, Latina e Pavia. L’unico produttore a pieno campo, con 20 ettari di terreno, si trova ad Ancona.
La quinoa è la sola pianta alimentare che contiene tutti gli amminoacidi essenziali, micronutrienti e vitamine, a partire da fibre e minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco. Vanta inoltre un notevole apporto proteico, tanto da essere consumata anche da vegetariani e vegani. È ricca di antiossidanti, soprattutto di flavonoidi e di vitamina E. Contiene, inoltre, grassi insaturi ed essendo priva di glutine può essere consumata dai celiaci. Indicata nelle diete ipocaloriche, può essere mangiata anche da chi soffre di diabete.
Purtroppo nonostante questo successo nel mondo, tra gli altipiani andini sta modificando paesaggi e abitudini alimentari. Dal 2000 a oggi le esportazioni di quinoa verso l’America del Nord e l’Europa sono più che triplicate. E anche i prezzi sono esplosi. Attratti dagli alti guadagni, i contadini vendono tutta la loro produzione, senza tenerne parte per il loro consumo e nutrendosi così di cereali con un più basso potere nutritivo. I casi di malnutrizione restano ancora molti, nonostante qui si produca uno dei cibi più nutrienti al mondo. Inoltre, intensificando la produzione, non si rispettano le rotazioni e i periodi di riposo dei terreni, alterando l’equilibrio tra agricoltura e pastorizia.
Lo scorso anno, l’ONU ha dichiarato il 2013 come anno internazionale della quinoa. “L’Anno Internazionale della Quinoa servirà non solo a stimolare lo sviluppo di questa coltivazione in tutto il mondo, ma anche a riconoscere che le sfide del mondo moderno possono essere affrontate facendo ricorso al sapere dei nostri antenati e dei piccoli coltivatori che attualmente ne sono i principali produttori”, ha affermato Graziano da Silva, direttore Generale della FAO.
La quinoa ha più di 200 varietà. Le più note sono quelle a semi neri, bianchi o rossi. I costi sono abbastanza elevati: nei negozi bio un pacchetto da 500 grammi costa dai cinque agli otto euro.
Anche in Italia si comincia a intuirne il potenziale economico e si spera che aumentando la produzione e di conseguenza l’offerta, il prezzo possa scendere e diventare accessibile anche alle fasce più povere della popolazione.