domenica, 21 Dicembre 2025

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Nomi per bambini come i filtri di Instagram

credits photo: nostrofiglio.it

Verrebbe da dire: è assurdo. Quale genitore prenderebbe mai una decisione del genere?
Eppure una statistica effettuata da Babycenter.com, sito molto conosciuto che fornisce alle future mamme consigli e informazioni utili sulla gravidanza, rivela che nel 2015 sono incredibilmente aumentati i nomi per bambini ispirati alla tecnologia.

Il paese che si è lasciato tentare di più da questa nuova strampalata moda, è stato il Regno Unito, seguito poi dagli Stati Uniti d’America. Ma non mi stupirebbe se questa moda arrivasse al più presto anche nel nostro Paese.

Fonte d’ispirazione per la nuova tendenza, in questo caso è stato uno dei social network più amati, Instagram, o meglio i suoi filtri.
Insieme ai classici nomi per bambini più utilizzati, infatti, troviamo a gran sorpresa anche i “nomi per bambini Instagram“.
Tra i più scelti in vetta troviamo Lux, Ludwing, Amaro, Hudson e Reyes per i maschietti, e Juno, Valencia e Willow per le femminucce.

credits photo: webisland.net
credits photo: webisland.net

Linda Murray, vicepresidente del sito in questione, ha affermato: “Questa è la prima volta in cui abbiamo visto la tecnologia diventare preponderante come fonte di ispirazione per i nomi. La condivisione delle foto fa parte della vita quotidiana ed emotiva (…) e questi due elementi insieme possono innescare l’amore per un nome”.

È vero che i social, i post, le notifiche e i like sono ormai diventati parte integrante delle nostre vite, ma questa tendenza potrebbe sembrare un po’ troppo stravagante.
Il nome di ognuno di noi è un elemento importante nella nostra vita, ci caratterizza, ci identifica.
Non so se sarei in grado di guardare negli occhi mio figlio e dirgli che si chiama come un filtro di Instagram.

Oramai è diventata una caccia al nome più eccentrico.
Ma non staremo un po’ esagerando?

Perché sorridiamo quando posiamo per una fotografia? (FOTO)

Credits photo: blog.octanner.com

Vi siete mai chiesti perché quando posiamo per una fotografia sorridiamo? È un uso abbastanza recente, scoperto da uno studio condotto dall’Università di Berkeley, in California, chiamato “A Century of Portraits: A Visual Historical Record of American High School Yearbooks“, ossia “Un secolo di ritratti: un registro visuale degli annuari degli istituti statunitensi”.

Questa abitudine di sorridere mentre si sta in posa per uno scatto è stata studiata attraverso 38 mila immagini -tutte frontali- prese dagli annuari degli istituti degli Usa -sugli 800 album fotografici di 26 stati differenti degli Stati dell’America del nord- di circa un secolo.

Dopo aver analizzato tutti questi dati fotografici, gli studiosi dell’Università californiana sono arrivati ad una conclusione: un tempo, precisamente nei primi decenni del ventesimo secolo, la gente sorrideva molto meno quando si trovava davanti all’obiettivo di una macchina fotografica, che fosse professionale o meno.

La ragione di questa apparente “tristezza” è collegata ad un fenomeno molto importante di quegli anni: la nascita della fotografia. Con l’avvio di questa nuova professione, i fotografi avevano bisogno di soggetti che stessero fermi in posa -come se si trattasse di un quadro- per un maggior lasso di tempo in modo che l’immagine non fosse troppo mossa o sfocata.
Per facilitarsi il compito i soggetti fotografati avevano l’abitudine di pronunciare una parola mentre si stava in posa: non cheese -formaggio- come siamo soliti fare adesso, ma prunes -prugne. Il motivo di ciò aveva a che fare con gli standard di bellezza del tempo che volevano che la bocca, nelle fotografie, rimanesse il più chiusa possibile: solo dicendo prunes si otteneva l’effetto desiderato.

Non solo la fotografia, ma anche la pubblicità ha giocato un ruolo fondamentale in questo cambiamento nei secoli. In particolare la Kodak, compagnia fotografica ancora molto famosa, ha iniziato a promuovere un’idea originale e molto veritiera: sorridere nelle fotografie aiutava ad avere ricordi più felici rispetto ad uno scatto di soggetto con un’espressione neutra o -peggio ancora- triste.

[Credits: verne.elpais.com]

L’arte di Tony Futura contro la cultura occidentale (FOTO)

Invece di ammirarle nei musei, circolano sui social network: sono le opere d’arte di Tony Futura, graphic artist attualmente di stanza a Berlino, che grazie alla sua surreale creatività si prende gioco dello stile di vita e della cultura occidentali, troppo intrisi di materialismo, capitalismo e superficialità.

Un sarcasmo evidente, quello che si coglie attraverso le sue illustrazioni dai colori accesi e sgargianti: le immagini di Tony Futura, per quanto surreali, ci riconducono sempre alle verità più tristi del mondo in cui viviamo. Ecco, allora, Einstein rollarsi uno spinello, la coppia formata da Kim Kardashian e Kanye West vestire i panni dell’austera coppia protagonista del famoso quadro American Gothic di Grant Wood, la Creazione di Michelangelo Buonarroti alludere a qualcosa di ben più esplicito e l’Urlo di Edvard Munch farsi lanciare da Macaulay Culkin bambino, uno tra i beniamini più ricordati della nostra infanzia. Uno straordinario cocktail di realismo e di ironia spinta alle estreme conseguenze: il ritocco apportato alle immagini, infatti, non allontana l’osservatore, ma lo avvicina alla realtà.

I cortocircuiti generati da Tony Futura non riguardano, però, solo la Storia dell’Arte, ma anche il patinato mondo dello showbiz e quello comune di noi poveri mortali: dal castello di smartphone (piuttosto che di carte da gioco) al famoso didietro di Nicki Minaj trasformato in un biscotto della fortuna, dal simbolo del dollaro con la lingua biforcuta di un serpente al titolo della celebre serie TV di Friends diventato, ormai, ‘Followers‘, l’artista ci attacca proprio tutti, senza esclusione di colpi.

Inglese britannico vs. Inglese americano (FOTO)

Considerata la quantità di posti nel mondo in cui si parla l’Inglese, non è difficile che alcune differenze tra le molteplici varietà esistenti di questa lingua saltino all’occhio – o, meglio, all’orecchio. E, in particolare, nonostante tutto quello che gli USA e il Regno Unito hanno in comune, ci sono diversità tra le loro parlate a sufficienza perché un inglese o un americano possano trovarsi in difficoltà, non comprendendo esattamente quello che qualcuno proveniente dall’uno o dall’altro Paese sta cercando di dire. Fortunatamente, il Dipartimento di Stato degli Usa ha di recente pubblicato una serie di utili illustrazioni che chiariranno un po’ le idee tanto a chi parla l’Inglese come prima lingua, quanto a chi lo apprende come seconda.

Il passato imperialista e l’influenza moderna e contemporanea di entrambi, Regno Unito e USA, nel mondo intero hanno portato a un’evoluzione irreversibile della lingua inglese: essendo stato ‘esportato’, per non dire imposto, in numerosi Paesi di tutto il mondo, questo idioma ha necessariamente dovuto accettare tutte le varianti che sono emerse a seconda del popolo trovatosi nella condizione di doverlo adottare.

Osservando queste illustrazioni, persino un madrelingua inglese o americano può imparare qualcosa di nuovo: noi italiani, invece, a seconda del nostro interlocutore, sapremo con precisione a quale terminologia fare riferimento per farci comprendere. Ricordiamoci, perciò, di chiamare ‘flat‘ il nostro appartamento se stiamo parlando con un inglese o di chiedere indicazioni per la toilette a un americano definendola ‘restroom‘: sarà un atteggiamento di gran lunga più apprezzato dell’usuale risibile sforzo nell’alzare il volume della voce per farci capire – cosa che ci rende, agli occhi degli stranieri, i più provinciali sulla faccia della Terra.