mercoledì, 17 Dicembre 2025

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E se le birre fossero social?

Credits photo: macitynet.it

Avete mai pensato se i social network producessero birre?
Gusti e sapori disparati e rigorosamente in linea con la loro identità: dalla più condivisa Facebrew alla biologica IBeer, Blog di Lifestyle ha selezionato per voi le birre social più belle e dissetanti, vediamole insieme.

Facebrew

photo credits: magazine dashburst
photo credits: magazine dashburst

Una normale bionda da condividere con gli amici, potrebbe avere un gusto agrodolce e un aspetto comune.
Gettonata e rinfrescante, una birra che piace proprio a tutti.

IBeer

photo credits: freeyork.org
photo credits: freeyork.org

Minimale, leggera e all’essenza di mela. La birra della Apple dovrebbe essere di produzione biologica e dall’aspetto semplice ma elegante.

Brewtube

photo credits: brewtube
photo credits: brewtube

La Brewtube ha il sapore delle serate trascorse a giocare ai videogiochi con gli amici di sempre.
Da condividere ed assaporare, ha l’aspetto delle birre che teniamo sempre nel frigo per ogni momento ed evenienza.

Google

photo credits: gq
photo credits: gq

La Google è la birra che risponde ad ogni tua domanda in maniera rapida e geniale.
Da bere nei momenti di noia o nei buchi di tempo, la beve solo chi si sente fortunato.

Stoutify

photo credits. gq
photo credits. gq

La birra più adatta alle feste è Stoutify. Da bere mentre si balla e si canta in buona compagnia, magari durante una festa estiva.
Leggera, ma non troppo, conferisce a chi la beve una lieve allegria. Il carburante giusto per ballare fino a notte fonda.

Just Drink It

photo credits: gq
photo credits: gq

A basso contenuto calorico, adatta ai più sportivi che non vogliono rinunciare al gusto di una birra.
Con un leggero tocco di taurina, dall’effetto energizzante. Va bevuta fresca, dopo un duro allenamento.

Non vi resta che stappare la vostra preferita e condividerla con chi volete.

Cassazione: per cambiare sesso sui documenti non serve un’operazione

Credit photo: www.retelenford.it

La prima sezione della Corte di Cassazione – sentenza numero 15138/2015 – chiude la vicenda della sterilizzazione forzata per la rettificazione degli atti di stato civile delle persone transessuali con una decisione molto importante: per cambiare sesso sui documenti non serve un’operazione chirurgica.

Seconda la Cassazione, infatti, “la percezione di una disforia di genere (secondo la denominazione attuale del D.S.M. V, il manuale statistico diagnostico delle malattie mentali) determina l’esigenza di un percorso soggettivo di riconoscimento di questo primario profilo dell’identità personale né breve né privo d’interventi modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormonali originarie. Il profilo diacronico e dinamico ne costituisce una caratteristica ineludibile e la conclusione del processo di ricongiungimento tra ‘soma e psichè non può, attualmente, essere stabilito in via predeterminata e generale soltanto mediante il verificarsi della condizione dell’intervento chirurgico. L’interesse pubblico alla definizione certa dei generi, anche considerando le implicazioni che ne possono conseguire in ordine alle relazioni familiari e filiali, non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico fisica sotto lo specifico profilo dell’obbligo dell’intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell’avvicinamento del some alla psiche. L’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigoroso accertamenti tecnici in sede giudiziale

Un traguardo molto importante questo che, finalmente, ha sottolineato che l’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso risulta dannoso per la persona, sia per il corpo che per la mente, se non è il risultato di una decisione totalmente personale. Gli interventi che riguardano i caratteri sessuali primari possono essere molto invasivi ed avere conseguenza negative, ma grazie a terapie ormonali e interventi su caratteri sessuali secondari la persona può raggiungere un totale equilibrio.

Le 4 reazioni tipiche all’alcol

alcol

Ubriacarsi e bere troppo alcol non è mai un’ottima idea. Può essere causa di diversi problemi di salute oltre che un pericolo per la sicurezza stradale. Ma sappiamo bene che a volte può capitare, anche senza raggiungere eccessi dannosi, bere un po di più può succedere. Che sia la nostra festa di laurea o il matrimonio della nostra migliore amica a volte certe sbronze rimangono epocali, tanto che gli aneddoti legati a quella particolare serata vengono rievocati per anni in compagnia degli amici. Ma ognuno di noi anche quando beve troppo alcol mostra una personalità diversa da quella degli altri.

Per dirla in maniera più semplice, ci si ubriaca in maniera del tutto differente. A darci supporto arriva uno studio dell’Università del Missouri che ha individuato quattro categorie principali di personalità ubriache. Lo studio è stato condotto su un campione di 374 studenti universitari e le quattro categorie emerse sono: Mary Poppins, Ernest Hemingway, il Professore Matto e Mister Hyde.

Ernest Hemingway

Il 40% dei partecipanti allo studio appartiene a questa categoria, che si ispira al grande scrittore americano che ha sempre avuto qualche problema con l’alcol. La personalità “Ernest Hemingway” non subisce grossi stravolgimenti nel passaggio da sobrio ad ubriaco, il passaggio è piuttosto lineare.

Mary Poppins

Nelle persone con tendenza Mary Poppins quando si è bevuto l’estroversione aumenta in maniera inversamente proporzionale alla diminuzione delle capacità intellettive. Più allegre e divertenti ma rimanendo sempre presenti a se stessi.

Il Professore Matto

Sono persone molto timide che cercano nell’alcol il coraggio per essere più socievoli ed accettati dal gruppo.

Mister Hyde

Come il personaggio letterario, chi appartiene a questa categoria subisce un vero stravolgimento di personalità quando ha bevuto alcol. Al contrario del personaggio Mary Poppins, i Mister Hyde subiscono un notevole cambiamento intellettivo a fronte di piccolissimi aumenti nell’estroversione.

ICanDance: anche i bambini disabili possono ballare (FOTO)

credits photo www.apkmodgame.net

Chi balla sa quanto la danza possa essere espressiva, quanto non abbia alcun bisogno di parole per potersi esprimere. È questo il concetto alla base di ICanDance, un progetto nato proprio per dare la possibilità ai bambini dai 4 anni di avere un proprio spazio e dimostrare che anche loro possono ballare.

Alcuni bambini che frequentano le classi hanno delle disabilità fisiche, sono sulla sedia a rotelle, altri hanno difficoltà di comprensione e apprendimento o difficoltà sociali o emotive. Altri ancora sono affetti dalla sindrome di Down o dall’autismo. Le classi sono composte da diversi bambini con vari livelli di abilità in modo che possano mescolarsi.

L’insegnante, Juliet, cerca l’approccio migliore per ogni singolo alunno, in modo tale che tutti riescano a trovare il proprio equilibrio.

Tutte le sessioni iniziano in un cerchio che permette a tutti di connettersi tra loro. “Un sacco di tempo va via per sviluppare e creare il proprio movimento” dice Juliet.

Successivamente proseguono la lezione con esercizi semplici, alla barra o con una routine coreografica. Gli esercizi sono studiati per far lavorare i muscoli come in una seduta di fisioterapia, ma molto più divertente.
Si conclude con dei giochi finali, e con la libera espressione di sè a ritmo di musica.

“Molti dei nostri ballerini sono bambini non-verbali e molti disabili che hanno problemi di comunicazione, ma la danza fornisce loro la possibilità di essere ascoltati”, dice Juliet.
“Il modo in cui si muovono, il loro modo di interpretare la musica, il modo in cui hanno scelto oggetti di scena o di lavoro con una sciarpa a noi può dire tanto di quello che sta succedendo al loro interno.”

Uno dei ragazzi che fanno parte del gruppo di Juliett è Victor, di 21 anni, autistico e non-verbale, che aveva già partecipato ad altri progetti in un centro cognitivo a Londra, dove Juliet era la sua terapeuta.
“Victor amava le sue sessioni con Juliet al centro cognitivo, quindi andare a vederla ballare era meraviglioso per lui” racconta Rosa, sua madre.

“Nonostante il fatto che ha gravi difficoltà di apprendimento, abbiamo sempre voluto includere Victor in un ambiente in cui avrebbe potuto avere buoni modelli di ruolo” continua.
Anche se Victor non sarà mai in grado di dire “Mamma, io amo questa classe di danza”, Rosa lo vede scritto sul suo volto, quando è ad ICanDance, soprattutto quando si esibisce nello spettacolo annuale.

Rosa, prima prima che Victor si esibisse negli spettacoli, era solita trascorrere l’intera giornata con lui in teatro per calmare i nervi e dargli il tempo di abituarsi a quell’ambiente.

Ora grazie a aumento di fiducia, arrivano nello stesso momento di tutti gli altri genitori e Victor non vede l’ora di salire sul palco.

Più di ogni altra cosa, però, ICanDance vuole garantire i bambini con disabilità le stesse opportunità dei bambini senza disabilità.

“Nel mondo della danza, questa è spesso la perfezione e qui noi stiamo sfidando questo punto di vista”, spiega Juliet.
“La danza non è necessariamente ‘perfezione’ definita da come le cose appaiono esteticamente, ma si tratta di interpretazione ed espressione”, continua.

Ognuno merita di essere in grado di ballare. Anche i giovani con disabilità.